Catania, il nuovo mondo

Pubblicato il 24 Febbraio 2017 in Tattica

L’addio di Pino Rigoli, l’uomo scelto la scorsa estate da Pietro Lo Monaco per riportare in Serie B il Catania. Con lui se ne va anche l’ingombrante scusante, ovvero che tutta la mediocrità prodotta in stagione dagli etnei sia colpa dell’ex allenatore dell’Akragas. Non solo di tecnica o di tattica è fatto il calcio: il vero problema del Catania è un gruppo mai calatosi, realmente, in una categoria tanto complicata come la Lega Pro meridionale. Biagianti, Russotto, Pisseri o Tavares sono alcuni degli elementi di spessore dei rossazzurri, nomi che farebbero bene anche nell’attuale, e scadente, serie cadetta. La penalizzazione di 7 punti ha sicuramente influenzato l’alba della stagione, non si può vivere di sole scuse però. La squadra di Rigoli non è mai decollata, lasciando spazio solo a critiche e prestazioni altalenanti. Il mercato di gennaio ha rivoluzionato l’attacco, il tecnico di Raccuja ha ricercato alchimie tattiche buone solo in apparenza. La squadra non ha un’anima, ad Agrigento l’apoteosi della mancanza di carattere. La critica non può non essere severa, questo Catania è troppo forte per accettare risultati così poco brillanti. L’esonero porta via il personaggio che ha accentrato le colpe, adesso tocca al gruppo. La nuova guida è Mario Petrone: ex tecnico di Bassano e Ascoli, in Veneto ottime cose in un campionato come la Seconda Divisione dove si vinceva in dieci. Nelle Marche un ripescaggio ha esaltato un cammino discreto e niente più. Il primo errore di Petrone è stato quello di entrare, tatticamente, a piedi uniti: Rigoli dal 4-3-3 al 3-4-3 aveva solo trovato materiale per masticare amaro, il neo tecnico cancella tutto e passa ad un 4-2-3-1 che non comprende la pochezza caratteriale del suo gruppo. Contro il Taranto si vede un Catania senza logica, spezzato in due con Biagianti e Scoppa sempre a rincorrere. Una sola punta davanti, quella sbagliata: fuori Diogo Tavares e dentro Pozzebon. Il portoghese è attaccante vero (Akragas-Messina, l’ultimo dominatore dell’area), forse troppo ombroso per sembrare un calciatore decisivo. Il laziale, invece, fa della confusione il suo marchio di fabbrica (Messina-Casertana, centravanti o falso nove), e nei due link che vi proponiamo potrete leggere come questa differenza sia già stata ampiamente discussa. A Messina è ricordato per movimenti senza costrutto, scarsa confidenza con l’attrezzo ma una spietata voglia di far gol. Petrone, probabilmente, sceglie il numero 9 proprio per finalizzare visto il battaglione di mezze punte alle sue spalle. Avrà ragione lui? Lo dirà il campo, certamente Pozzebon i gol li farà sempre ma tra lui e Tavares ci passa un mondo di conoscenza calcistica.

DUE SQUADRE – Entriamo nel dettaglio tattico del nuovo Catania di Petrone. Ovvio come la sola uscita stagionale non possa essere esplicativa, però le tante differenze con la gestione precedente sono già evidenti. Catania che fa la partita, Taranto che cerca di speculare e portare a casa il massimo col minimo dello sforzo offensivo. Frame che serve da esempio, fase difensiva che non prevede l’aiuto dei quattro davanti: linea rossa per la difesa, vediamo come Marchese accorci sull’attaccante per bloccare il gioco di sponda. Il resto rimane in posizione, con Djordjevic che comunque è in ritardo nello stringere su Lo Sicco. Linea blu per Scoppa e Biagianti, ovvero gli uomini chiave del nuovo Catania. Loro due o chi per loro, insomma chiunque giocherà in mediana dovrà essere consapevole che cantare e portare la croce possa essere possibile. Sono loro a dover stringere le linee, in appoggio e aiuto ma con la testa settata anche sulla fase offensiva. Il recupero del pallone va diviso con la difesa, a quel punto però bisogna ritrovare la lucidità necessaria per ri-coinvolgere i quattro moschettieri dell’attacco. Quanto durerà?

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DENTRO E FUORI – Passiamo, adesso, alla fase offensiva: detto della netta separazione tra i reparti, andiamo ad analizzare il lavoro dei quattro calciatori d’attacco. Pozzebon è un centravanti che si applica, i suoi limiti sono tecnici ma tatticamente non si può negare la disponibilità. Cerchio blu per lui: il numero 9 rimane addirittura fuori area sul lancio dalle retrovie, il suo venire fuori cerca di trascinare il marcatore per agevolare l’attacco della profondità dei tre trequartisti. Linea rossa per Russotto, Mazzarani e Di Grazia: Pozzebon non è riuscito nel suo intento, più per merito del Taranto che capisce il pericolo sono gli altri e non l’ex Messina. Divisione corretta degli spazi per i tre, con Russotto che riceve sull’esterno e Mazzarani pronto ad attaccare al cuore con Di Grazia a rimorchio sul palo lungo. Giocata classica e banale di un quartetto: la punta lavora per i compagni, Pozzebon deve sfruttare la fisicità per attirare l’avversario mentre gli altri affondano il colpo. Dalla teoria alla pratica la differenza la faranno sempre gli interpreti, e Tavares rimane in panchina (per adesso).

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