Catania-Messina, il fondo del barile

Pubblicato il 11 Ottobre 2016 in Tattica

Inutile girarci intorno, il Messina che perde a Catania lo fa quasi col pilota automatico tanto che salvare qualcosa di quanto visto al Massimino sarebbe, oltre che un errore, un ulteriore passo verso la mediocrità. Della parte emotiva del derby, come del mancato ritiro pre-gara non è più il caso di parlarne. Stesso discorso per il caso Milinkovic: vero che l’assenza del franco-serbo influenza la prestazione totale dei giallorossi, vero anche che il Messina che perde 3-1 al Massimino non lo avrebbe stravolto neanche Neymar. Il motivo? Semplice, la squadra di Marra è un continuo susseguirsi di errori tecnico-tattici, che non possono essere cancellati dall’errata percezione dell’evento in diretta. Quando la partita la vivi, quello che accade è velato dal grado di empatia che si sviluppa. L’analisi post gara, invece, ti regala un quadro completamente diverso che, spesso, ti racconta tutta un’altra storia. Poche premesse questa volta: Marra sbaglia formazione e modulo, rimane fermo ad un 4-3-1-2 che fin qui ha ingannato nei novanta minuti di “sangue e arena” del Ceravolo di Catanzaro. Il centrocampo a rombo ti costringe alla densità interna, scopre le fasce costringendo i terzini al triplo lavoro: difesa, copertura, appoggio. L’aiuto dovrebbe arrivare dagli intermedi di centrocampo che, armati di freschezza mentale, devono leggere i movimenti avversari per muoversi ad elastico in supporto nella doppia fase. I due vertici del rombo diventano decisivi: il play basso deve scalare a ricevere per non ingorgare la mediana, favorito dal movimento a pendolo del vertice alto. Il trequartista è il ruolo più difficile del calcio, probabilmente è anche il più frustrante perché ti costringe a fare mille movimenti e ricevere due palloni. Questa la teoria, la realtà del Messina è diversa: Mileto, De Vito, Lazar, Capua, Musacci e Mancini. Sono questi i sei calciatori che dovrebbero mettere in pratica quanto descritto, probabilmente non dovremmo aggiungere altro. Se insistessimo sul livello basso della rosa a disposizione di Marra faremmo un errore, perché proprio il tecnico deve finire al centro dell’attenzione. Il Catania di Rigoli gioca un 4-3-3 che si sviluppa in ampiezza, con Calil centravanti è eliminato il punto di riferimento chiaro segnale che ci sarà bisogno di velocità mentale e rapide scalate difensive. Il Messina è ingessato, bloccato in un sistema avvilito dalla pochezza degli interpreti. Quando Madonia sostituisce Capua i giallorossi passano ad un 4-2-3-1 che, finalmente, apre le maglie della squadra di Marra e costringe il centrocampo etneo a rivedere le proprie misure. Non stiamo dicendo che un altro modulo avrebbe trasformato gli interpreti, i loro continui errori rimangono, però una corretta visione tattica avrebbe potuto far nascere tutta un’altra sfida.

INDIFENDIBILI – Due animazioni per analizzare (brevemente) le prime due reti siglate da Andrea Di Grazia. In entrambi i casi il Messina è difensivamente imbarazzante: senza misure, sfilacciato e attirato dal pallone come fosse dotato di vita propria e non giocato dagli avversari. Cominciamo dal primo gol: Djordjevic (riquadro blu) sale palla al piede, Di Grazia (cerchio rosso) detta lo scambio che arriva con un triangolo perfetto. Il Messina stupisce per la quantità di errori, tutti guardano e inseguono sempre il pallone. Capua è in ritardo mostruoso, Mileto e Palumbo escono tutti e due su Djordjevic e poi scalano, ancora in coppia, su Di Grazia. Perso Djordjevic, sul terzino etneo scala Bruno che molla Calil a De Vito (riquadro arancio) in una catena continua di errori. Tutto è in ritardo di un paio di tempi di gioco, Di Grazia dopo lo scambio legge il possibile scarico di Calil e attacca il cuore dell’area seguito da nessuno. Il gol è il coronamento dello scempio difensivo messinese.

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Se il primo gol dovrebbe far mettere le mani nei capelli ai fantomatici autori del manuale del calcio; il secondo dovrebbe far strappare e bruciare per sempre lo stesso manuale. La rete arriva da rimessa laterale, già questo dovrebbe chiudere qualsiasi discussione. Djordjevic (cerchio giallo) batte verso Di Grazia (riquadro blu), che rimane osservato e non marcato dai calciatori messinesi che guardano, inspiegabilmente, tutti il pallone. Su una rimessa prima prendi la marcatura, poi pensi alla palla. Di Grazia riceve e inizia il suo strano avanzamento che si concluderà con una scivolata vincente. Nel frattempo, però, il Messina continua a guardare: Mancini e Mileto sono i primi indiziati, Palumbo entra molle mentre Bruno e De Vito rimangono accoppiati ai rispettivi avversari (ingrandimento con evidenze blu). Di Grazia riesce a calciare in porta, da solo contro cinque giocatori del Messina.

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ESTEMPORANEO – Terza animazione: passiamo alla traversa colpita da Pozzebon nel primo tempo. Nella prima parte della nostra grafica vediamo la disposizione in campo del Messina: in blu segniamo Mileto, Palumbo e Bruno, mentre De Vito è già più alto. Musacci (riquadro giallo) è comunque troppo distante dalla linea difensiva ma non per colpa sua. Rimane infatti troppa bassa la difesa, allungando troppo la squadra. Pur se sottotono, al capitano del Messina la visione di gioco e il lancio non mancano; sul movimento di Pozzebon l’assist è perfetto. Siamo nella seconda parte dell’animazione: Pozzebon è bravissimo a ricevere pronto a calciare, tanto che aspetterà un solo rimbalzo. Squadra lunga dicevamo, lo vediamo dalla distanza che soffrono Capua e Mancini (evidenza arancio) nei confronti del compagno e della linea difensiva catanese (linea azzurra). Chiaro che la giocata, pur ben congegnata, sia frutto di una visione estemporanea e comunque svilita dalla cattiva disposizione in campo.

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CAMBIO – L’avvio di Mileto è drammatico, dalla sua parte il Catania con l’asse Djordjevic-Di Grazia lo manda all’inferno, Capua non lo aiuta praticamente mai e Marra deve correre ai ripari. L’assenza di Foresta è pesantissima, perché tra Capua e Lazar il materiale a disposizione non è adeguato al tipo di lavoro richiesto. La mossa del tecnico è quella di invertire Mileto e Palumbo, come potete vedere nell’ingrandimento il numero 13 è passato sulla corsia destra lasciando Mileto in coppia con Bruno. L’azione che abbiamo preso in considerazione finirà con un fuorigioco del Catania, però qualcosa da analizzare c’è: detto di Palumbo, in rosso vediamo che Mileto non fa la linea ma scappa verso l’avversario; è clamorosa la posizione di Musacci che si trova tra terzino e centrale invece di essere tre i due centrali, tanto che su Bucolo che arriva a rimorchio deve scalare Capua (riquadro arancio). In pratica il Messina è sempre disposto in maniera errata, primo colpevole: il centrocampo.

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CASUALE – Chiudiamo con il terzo gol di Andrea Di Grazia: palese che ci sia un errore individuale di Lazar che serve l’avversario. Però sarebbe sbagliato riassumere così l’azione, infatti anche in questo caso il Messina sbaglia tutto. Sul primo traversone verso Di Grazia trova un buon anticipo Bruno, sulla respinta il rumeno sbaglierà il colpo di testa e Di Grazia troverà il modo di portarsi a casa il pallone. Analizziamo: Calil è venuto in contro con Mileto che lo segue, sul taglio che effettua Di Grazia scala bene Bruno; il problema è che i due centrali si ritrovano in verticale l’uno rispetto all’altro (linea blu). Quando Lazar sbaglia c’è una voragine alle loro spalle, Palumbo e De Vito (linea gialla) sono troppo distanti e non possono arrivare su Di Grazia. Sbaglia più De Vito dato che Russotto è molto distante e lui, sulla scalata di Bruno avrebbe dovuto stringere un paio di metri versi il centro. Verissimo che ci sono tanti errori individuali, però i singoli formano la squadra e se i singoli sbagliano significa solo una cosa: la squadra non ha giocato bene.

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