Crescere in amaranto, la “cantera” della Reggina

Pubblicato il 29 Settembre 2015 in Primavera

“Casa Sant’Agata” fa storia. Il settore giovanile della Reggina rappresenta uno dei modelli virtuosi delle “cantere” nostrane, del resto la primavera amaranto, in regime di svincolo in virtù delle ultime vicissitudini extra-sportive, si è spalmata quasi interamente in società di livello, a conferma del lavoro svolto dagli istruttori del domani. Solo alcuni nomi e relative destinazioni: Domenico Mazzone (’97), centrocampista di sostanza con esordio in Lega Pro, approdato al Pescara; Ador Gjuci (’98), ala sinistra, descritto come uno dei migliori talenti del vivaio calabrese, al Torino; Leonardo Loria (2000) se lo è assicurato la Juve, vedendo in lui un portiere di grande prospetto; e poi ancora Salvatore Lancia (‘97) al Verona, Demetrio Scopelliti (’97) centrale conteso tra Napoli e Brescia, l’attaccante Marco Spina (2000) alla Virtus Entella, e ultimi, ma non per importanza, Mauro Coppolaro e Paweł Bochniewicz, due centrali rispettivamente classe 97’ e ’96, approdati ad Udine e valsi alla Reggina una plusvalenza di 1.500.000 euro.

UNA BANDIERA CHE ANCORA SVENTOLA – Salvatore Laiacona, da 24 anni a servizio della Reggina e responsabile del settore giovanile amaranto, ha visto parecchi talenti passare sotto i propri occhi, crescere e diventare grandi calciatori: da Simone Perrotta a Giandomenico Mesto, passando per Francesco Cozza e Bruno Cirillo, eroe di mille imprese al Granillo; senza dimenticare i fratelli Viola, Antonino Barillà oggi calciatore del Trapani, Vincenzo Camilleri con le sue avventure in bianconero, Maurizio Peccarisi e tanti altri ancora. “Valorizzare giovani calciatori permettendo loro di poter approdare nelle grandi squadre del panorama italiano e non solo, ma prima ancora formarli ed educarli. Bisogna essere rapidi nel pensiero e veloci nella trasmissione della palla- spiega- ma bombardare i ragazzi con nozioni tecnico-tattiche rischia di tarparne la fantasia.. Interno piede, ricezione, postura, marcatura a uomo, dribbling, posizionamento e tattica sono i fondamentali dai quali partire, senza trascurare l’inventiva del singolo. Alla tecnica si pensa successivamente mentre gli istruttori , prima di essere allenatori, sono maestri di calcio ed insegnanti di vita”.

“Valorizzare giovani calciatori permettendo loro di poter approdare nelle grandi squadre del panorama italiano e non solo, ma prima ancora formarli ed educarli”.

CALCIO E NON SOLO – Sui campi di gioco l’istruttore viene affiancato da un professore di eccellenza per le abilità motorie e ai giovanissimi calciatori non manca il supporto psicologico. “Qui alleniamo anche le famiglie”, sottolinea Laiacona, ed il coinvolgimento si concretizza con rituali riunioni insieme allo staff, per programmare un piano di alimentazione adeguato ed assicurarsi che lo studio non venga messo da parte. Il supporto dei genitori è fondamentale ma l’ingerenza sulla programmazione di lavoro non è tollerata. Il reclutamento è vincolato alle indicazioni della Federazione, secondo le quali non è possibile tesserare prima dei 14 anni un “fuori-regione”; il bacino cittadino e provinciale resta dunque la principale risorsa in cui andare a pescare i talenti del domani, ma la realtà dei fatti testimonia un afflusso ben più ampio, destinato ad includere per intero Calabria e Sicilia. Presenti anche osservatori da Nord a Sud, oltre ad una costante attenzione alle maggiori competizioni nazionali destinate alle fasce under e relativi tornei. “Casa Sant’Agata vanta una foresteria da quaranta posti che ci permette di poter lavorare al meglio ed ospitare ragazzi da tutta Italia. Senza strutture di questo livello non è semplice potersi esprimere al meglio e sono certo che Foti farà di tutto affinchè la struttura continui ad esistere”. Laiacona mette in guardia gli aspiranti calciatori dai procuratori: “Rappresentano il male dei nostri vivai, quando è il Dio denaro a dettare legge i ragazzi compiono scelte sbagliate”. E a proposito di futuro: “Ai miei ragazzi consiglio sempre di crescere in realtà più piccole ma non per questo meno virtuose. In Italia i più grandi vivai li costruiscono società come Atalanta, Empoli, Bari o la Reggina stessa, perché c’è fiducia nei calciatori italiani e si esercita meno pressione, a differenza sei settori giovanili delle grandi piazze, infarciti da stranieri”.

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