Il calcio si ferma. Troppo tardi

Pubblicato il 9 Marzo 2020 in Primo Piano

Tutto chiuso. Tutto fermo. Tutto troppo tardi. Come probabilmente sono stati tardivi prevenzione e contenimento. Lo sport si sospende adesso: troppo tardi per un mondo fatto di folle, contatti fisici e sudore.

SERIE D FERMA FINO AL 3 APRILE – La notizia arriva ufficiale solo lunedì 9 marzo, all’indomani della domenica di stop già imposta per il campionato dilettantistico. Il 15 marzo la sosta era già in programma, adesso saltano anche gli appuntamenti del 22 e del 29 marzo. Il decreto governativo – al quale la Lega Serie D fa riferimento – scade il 3 aprile, possibile pensare, quindi, a un ritorno in campo il 5 di aprile. Possibile ma non scontato, perché in Lega D si ragiona, più probabilmente si attende di capire l’evoluzione. Difficile, infatti, parlare di sospensioni momentanee e non definitive. Capire, adesso, la portata del contagio da Coronavirus non è possibile, tanto che diventa lecito pensare che si deciderà passo dopo passo, con sempre più probabile uno stop definitivo ai campionati. Non solo di D ma anche più in alto. La parte sportiva e di classifica, a questo punto, diventano meno importanti. La tutela della salute degli atleti e di tutte le parti interessate è prioritaria. Lo sport – il calcio per alcune sue specificità di gioco in particolare – è fatto di contatti e scambi fisici che contrastano con le indicazioni di tutela. La realtà ci racconta di un problema più vecchio rispetto ai decreti nati negli ultimi giorni, tanto che i primi casi nel calcio sono vecchi di alcune settimane (giocatori della Pianese in Serie C).

IL CAOS – Il paradosso del calcio racconta di un Paese incapace di trovare una linea guida definitiva. Soprattutto per la ritrosia dell’Italia ad affidare le scelte alle persone giuste. Il calcio fa parte delle attività che non possono decidere da sole, un Governo decisionista si confronta con i responsabili del sistema calcio, e poi segue le indicazioni di medici ed esperti. Perché in una situazione di rischio per la salute pubblica decidono i medici, e non presidenti di Lega, Coni o Federazioni varie. La Serie A gioca a porte chiuse, lo fa dopo aver rinviato svariate gare proprio per non giocarle a porte chiuse e – in alcuni casi – prevenire il contagio, poi la realtà fa capolino e fa comprendere che, difficilmente, la situazione sarebbe migliorata in sette giorni. Anzi, la situazione è peggiore ma si scende in campo per “la regolarità del campionato”, una scusa inutile che cozza con i calciatori di Parma e Spal fermati a 30 secondi dal fischio iniziale, e poi fatti giocare con più di un’ora di ritardo. Martedì 10 marzo, poi, anche per il campionato di Serie A verrà applicata – molto probabilmente – la sospensione a data da destinarsi. Un Paese che viaggia a troppe velocità diverse, e che casca sui campi più facili come quello dello sport potrebbe essere. L’importanza del calcio e dell’indotto economico resta chiaro, come palese è l’importanza della tutela dei soggetti più a rischio contagio. Tra le cose a cui è possibile rinunciare il calcio – e lo sport – resta in testa. Le porte chiuse sono un placebo estemporaneo, perché chiudono alla visione degli spettatori – chiaramente tutelati – ma immaginano fallacemente un’immunità inesistente per calciatori e tecnici. Il virus non è interessato che tu sia un operaio o Cristiano Ronaldo: il contagio riguarda tutti, e pensare che i calciatori siano figurine che appaiano nel weekend è pura follia. Vivono giornalmente a contatto col mondo. I casi in Serie C dimostrano l’immenso rischio che si continua a correre.

TROPPE DIFFERENZE – La polemica la fa da padrona con un rimpallo di responsabilità inaccettabile: il ministro Spadafora – nella mattinata di domenica – rilancia la sospensione ma 12 ore prima il governo di cui fa parte aveva decretato come le manifestazioni sportive professionistiche potessero svolgersi a porte chiuse. Poi torna sui suoi passi e passa la palla alla FIGC… poi ancora? Poi basta, e si decida una volta sola e allo stesso modo senza differenze di categoria. Si recupererà o cancellerà, difficile accettare che la cosa importante, adesso, sia un titolo o una promozione. Ritrovare lucidità diventa necessario, come comprendere di non poter ragionare per compartimenti stagni, o peggio per Leghe. Mentre la Serie A fermava più di metà giornata e rinviava a data da destinarsi le semifinali di Coppa Italia, in Serie B si giocava Spezia-Pescara con 6 mila spettatori presenti. Tutto senza senso, senza comprendere che le prime limitazioni dovevano riguardare, proprio, manifestazioni – sicuramente economicamente influenti – rinunciabili come le sfide calcistiche. In primis – lo ripetiamo – per la tutela di tutti gli addetti ai lavori. Le due velocità le vedremo ancora: domani la Serie A potrebbe fermarsi, contestualmente l’Atalanta scenderà in campo in Champions League. Per un Europa che non sa ragionare da Stato unico, pensando che i problemi – in un macro caso di contagio virale – possano davvero essere territoriali. Contenimento europeo come primo e decisivo passo, nello sport e nella vita.

STATE A CASA – Digressione generale che incombe, troppo grosso il problema per limitarsi alla semplice cronaca dello stop della Serie D. Una sospensione che, però, dimostra un maggior senso di responsabilità rispetto alla Serie A. Una facilità decisionale, sicuramente, figlia del minor impatto economico della categoria. Triste ma reale, perché inutile nascondere il fatto che tanta della confusione sia figlia degli aspetti finanziari. La Serie D si ferma, e anche a noi tocca far parte del bombardamento mediatico da Coronavirus. Da non confondere col diritto e dovere di informare… ma non serve spiegare la differenza. Ci toccherà aggiornarvi su argomenti che non sono solo quelli calcistici, lo faremo però sempre con riferimenti al nostro sport e senza scomodare statistiche di morte o improvvisandoci virologi. Ci è toccato uscire dalla cronaca – anche quella riferita al virus – solo perché investiti da un caos nelle decisioni che diventa difficile da comprendere o accettare. E l’invito finale è d’obbligo: state a casa il più possibile.

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