Messina-Avellino, la qualità è l’ossigeno che manca

Pubblicato il 16 Novembre 2021 in Tattica

Qualità, qualità, qualità. In testa all’elenco delle carenze del Messina c’è sicuramente un insufficiente tasso qualitativo. La sconfitta con l’Avellino ha smascherato problemi noti, spesso celati da prove altalenanti contro le dirette concorrenti. Quando il gioco si fa duro, tatticamente e tecnicamente, i giallorossi sembrano soffrire.

NON SI VIVE DI SOLA TATTICA – Fare punti contro l’Avellino? Perché no, ma per far male all’avversario occorre provarci davvero. Il contrario di quanto mostrato dal Messina e sarebbe troppo comodo derubricare la sfida come “difficile”. Lo dice un campionato in cui anche la capolista Bari ha lasciato punti sui campi di Potenza e Juve Stabia – per citare due dirette rivali della squadra di Capuano -, e in cui ogni sfida non sembra dal pronostico chiuso. In alcune circostanze, quando l’asticella si è alzata, il Messina è andato al tappeto troppo facilmente: Monopoli, Bari, Catanzaro e Avellino – no, la lista delle scusanti non la citeremo di nuovo -. Zero punti e una rete (Adorante a Monopoli) e la sensazione di non poter mai strappare altro che delusioni. La lista delle eccezioni esiste: con Palermo e Virtus Francavilla a fare rima con 4 punti, più una prova decente a Foggia. Bassi e qualche alto, un percorso non molto diverso da quello visto negli scontri diretti. Quelli andati male – a volte malissimo – con Sullo, quelli che hanno formato il bottino di punti della gestione Capuano. Quando i tatticismi non riescono a incidere – come ampiamente accaduto contro la squadra di Braglia -, però, occorre mettere in campo qualità – che non è mai sinonimo di sola tecnica – che sembrano mancare in questa rosa. Separare le cose non è la soluzione. Per qualsiasi squadra, infatti, saper intrecciare qualità e tecnica con tattica ed equilibrio rappresenta uno dei passaggi principali per raggiungere il massimo rendimento possibile.

FUORI RUOLO – Iniziamo la nostra analisi della gara contro l’Avellino dalla scelta – e relativa prestazione – di insistere su Catania nel ruolo di mezzala. Evidente che Capuano soffrisse dell’assenza di Damian e, più in generale, di mancanze in ogni reparto. La decisione di ripresentare Catania nel ruolo di intermedio, però, è tutta sua visto che le alternative erano presenti. Nella prima immagine possiamo notare, innanzitutto, lo schieramento dei giallorossi: difesa a 5 con Sarzi Puttini e Gonçalves molto bassi, mentre Fofana (riquadro arancione) lavora a uomo su Kanoute. Nel cerchio giallo c’è Catania: molto stretto e sulle tracce di D’Angelo. Questa la scelta di Capuano, quindi, con il trio mediano che deve occuparsi a uomo dei due mediani irpini (Simonetti starà su Matera) e del trequartista.

Approccio che mira a creare una voluminosa densità centrale, andando a sporcare le giocate dei calciatori incaricati di creare, così da limitare i rifornimenti sulle corsie. In teoria, perché se Micovschi e Di Gaudio non ricevono palloni molto puliti, c’è Tito a godere di una libertà che costringerà Catania a spolmonarsi nel dentro-fuori.

La seconda immagine ci aiuta a comprendere le difficoltà. Evidenza rossa per Catania che, sul giro palla dell’Avellino, si impegna nell’uscita alta su Tito per andare a frenare la fonte di gioco sull’esterno. La distanza, come possiamo vedere, resta ampia e per Catania la fatica diventa sprecata. I tempi sono errati, perché i compiti sono troppi per un calciatore che non conosce il ruolo. Tra buttare un occhio a D’Angelo e portare il pressing sul terzino, per Catania è una domenica nera.

L’ultima immagine è ancora più chiara: nel riquadro rosso c’è proprio Catania che cerca di contrastare D’Angelo, in ritardo e in affanno, così la sfera rotola verso Tito (cerchio giallo) che ha tantissimo campo da attaccare senza opposizione, dato che Sarzi Puttini deve pensare, in primis, a Di Gaudio.

MOSSA STERILE – Quando la partita di Catania finisce – all’intervallo -, inizia quella di Russo. Cambio tattico, perché Capuano vuole il numero 7 tra le linee per un 3-4-1-2 più offensivo. Russo non si vede mai, perché i palloni arrivano sporchi e lui non sembra l’uomo adatto a ballare tra gli spazi in orizzontale. Ecco che si incontrano qualità e tatticismi: quella mancante in Russo e altri che non trova ancora di salvataggio negli schemi.

Attenzione, chiaro che Capuano abbia preparato mosse tattiche offensive, ma l’atteggiamento passivo tenuto per larga parte del tempo incide sulla capacità di metterle in atto. Una base troppo difensiva, quindi, condiziona la reazione offensiva. Con l’evidenza azzurra vediamo Russo agire alle spalle delle due punte, ma la distanza col resto della squadra è eccessiva. Con la linea rossa, infatti, possiamo notare quanto siano distanti Fofana e Simonetti. In più, la freccia arancione ci aiuta a notare come anche l’esterno sia in ritardo rispetto allo sviluppo, diventando un giocatore da servire di rincorsa e non sulla corsa.

A DIFESA DELLO SVANTAGGIO – Un atteggiamento fin troppo passivo che viene mantenuto per l’intera gara. Nuova immagine, stavolta la cosa più importante è il minuto di gioco: il 40º del secondo tempo. Mancano solo 5′ alla fine del match e il Messina è arroccato, con l’Avellino che insiste e porta ben sette uomini negli ultimi 20 metri. Il risultato sembrerebbe alla rovescia vedendo questo frame.

Con l’evidenza blu possiamo vedere una linea difensiva ancora schierata a 5, con Simonetti e Fofana sul limite. Occhio in alto, al cerchio rosso: possiamo notare quanto Distefano – subentrato a Gonçalves con Sarzi Puttini tornato a sinistra – sia stretto, lasciando alle spalle ampi spazi all’esterno avellinese. Fuori ruolo anche lui, dato che l’ex Paternò è uomo di fascia, ma non terzino o esterno a 5, carenze che si pagano con la disabitudine a percepire e comprendere il possibile pericolo.

MANCATA REATTIVITÀ – Ultimo blocco della nostra analisi che dedichiamo all’azione del gol dell’Avellino. Mister Capuano denuncerà l’uscita dal campo di Fofana – fuori per riprendersi da una botta al fianco – come fondamentale, dato che il numero 6 avrebbe dovuto occuparsi di Kanoute e, in generale, agire nella zona centrale.

Primo frame, due lenti di ingrandimento per aiutarci: la prima cosa che possiamo notare sono tutte le marcature a uomo del Messina, quella che ci interessa è nell’ingrandimento più grande con Gonçalves che si occupa di Kanoute. Nell’altro c’è Mikulic accoppiato a Maniero.

Il secondo frame ci porta al momento della respinta di Lewandowski sulla deviazione verso la sua porta di Carillo. La lente ci mostra come il solo Kanoute sia rimasto con lo sguardo fronte alla porta, con Gonçalves che è andato lungo sul cross perdendo la marcatura. Errore del portoghese che eccede nella vigoria, ma finisce per perdere il suo uomo. Mikulic si stava occupando di Maniero, anche abbastanza bene visto che riesce a tagliarlo fuori da palla e porta. Il suo tempo di reazione è lento, condizionato dall’essere ancora spalle alla porta, oltre che dalla sua mole.

*foto copertina: Acr Messina – Facebook ufficiale

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