Messina-Gelbison, cuore e tanto cervello

Pubblicato il 11 Maggio 2023 in Primo Piano

Ribaltare una sconfitta. Basta una vittoria di misura, non interessa il quanto ma è importante capire il come per non schiantarsi su una di quelle sfide frustranti e destinate al vicolo cieco. Il Messina deve battere la Gelbison e per farlo deve sfruttare due armi non viste al Guariglia: cuore e cervello.

TATTICAMENTE – La gara di andata ha svelato una verità da non sottovalutare: questo tipo di scontri esulano dal campionato e dalle presunte identità di gioco costruite. Il tutto conta zero, non esiste più e si è perso sfumando come la salvezza all’ultima giornata. Sono quasi partite secche, anche indipendenti tra loro dato che il risultato dell’andata influenza la preparazione del ritorno. Galderisi ha stravinto il duello con Raciti anche per averlo capito e interpretato meglio. La sua Gelbison era una creatura nuova di zecca, ricca di soluzioni che rappresentavano una primizia per la sua breve gestione e per l’intera gestione. A partire dalla difesa a quattro, fino a un attacco fisico in verticale e tattico sulle corsie. Ogni posizione in campo, ogni calciatore scelto, ogni movimento: tutto frutto di uno studio preciso dell’avversario e messo in atto per quella specifica partita. Galderisi non ripete, così quella del San Filippo sarà una recita tutta nuova anche per lui. Il Guariglia ha detto che la voglia di contenimento del Messina era fallimentare per la produzione della salvezza, che le armi note più che a salve erano inceppate. Il 4-2-3-1 voluto da Galderisi sembra essersi compiuto in quel match, buono per finire in una teca e lasciare spazio ad altro. Ovvio, non siamo nella testa del tecnico dei campani, ma provare ad anticipare le possibili mosse non guasta. In stagione la Gelbison – nonostante le quattro gestione tecniche – ha avuto il tratto comune della difesa a cinque. Non diciamo a tre, perché sarebbe irreale e contrario al lavoro fatto dagli esterni scelti dai vari Esposito, De Sanzo e Galderisi stesso. Sedici partite (playout d’andata incluso) senza subire gol con ben otto 0-0. Che la trazione motrice dei cilentani sia, quindi, quella posteriore diventa abbastanza evidente. Galderisi potrebbe battezzare gli stessi 11 visti al Guariglia – o quasi – spostandoli sulla scacchiere. Cargnelutti da uomo tattico in mediana potrebbe tornare sui suoi passi per riprendere il centro della difesa, con lui Gilli e Granata. Sulle corsie non si cambia, mentre in mezzo Fornito potrebbe essere affiancato dal dinamismo di Graziani – esterno tattico all’andata – e la doppia fase di Papa. Due linee strette, compatte e in grado di accorciare con velocità per concedersi punte di pressing in avanti. Un blocco centrale molto forte e molto fisico, tanto da far diventare possibile la concessione delle fasce al Messina per difendersi sul cross e mai nell’uno contro uno palla a terra. In avanti Infantino sembra più uomo per fatiche diverse, mentre De Sena e Tumminello – e anche Kyeremateng – potrebbero essere gli elementi perfetti per ripartire nei possibili spazi. Che saranno concessi con parsimonia dato che il Messina avrà qualche limite di tipo tecnico. Fin qui la Gelbison, ma cambiando lato del campo vediamo i giallorossi ripartire da un obbligo difensivo che condiziona. Celesia è squalificato, a meno di miracoli non ci sarà neanche Versienti, così ecco i limiti tecnici citati: difesa di soli centrali. Berto ha, ormai, appreso i compiti di spinta mentre Ferrini è più utile se confinato in compiti difensivi. Come detto, però, il Messina dovrà cercare un po’ di ampiezza per non finire nell’ingorgo cilentano. Sbagliato, però, pensare di poter far male con palloni buttati nel mezzo. Quello sarà pane dolce per i denti di Cargnelutti e soci. No, il Messina – indipendentemente dal modulo scelto – dovrà mostrare nuove soluzioni nelle giocate. Non tanto nella codifica, ma nella velocità di esecuzione. Muovere il pallone rapidamente, appoggiarsi sulle punte per mandare fuori zona i difensori e attaccare gli eventuali spazi. Una difesa serrata va mossa e saltata, insomma serve poter creare superiorità. Che non può arrivare con la pura velocità – quanto manca Catania – e che deve essere ricercata grazie alla tecnica ad alta intensità. Far correre il pallone e far correre gli avversari. Due gli uomini chiave: Fofana e Balde.

UOMINI CHIAVE – Restiamo nel campo della teoria spicciola non conoscendo in anteprima le scelte di Raciti. Fofana e Balde, però, dovrebbero essere della partita anche solo per il peso che hanno avuto all’interno delle prestazioni positive dei giallorossi. Fofana è il legante naturale delle tre fasi di gioco: recupero, gestione, finalizzazione e la sua capacità atletica di attaccare con tempismo l’area avversaria va tenuta in conto. Discreto anche il suo coraggio nel tentarci dalla media distanza, cosa poco presente in altri protagonisti più pubblicizzati in merito. Fofana è l’uomo su cui – soprattutto in assenza di Mallamo – si basano i primi passi del Messina. Doppio lavoro legando prima difesa e centrocampo per poi trasferirsi in zona offensiva. Una parte di campo dove dovrà brillare la vera stella della stagione giallorossa: Ibou Balde. Le chiacchiere stanno a zero – e su queste pagine ne avete lette tante di critica per le sue prestazioni nel girone d’andata -, e sono i numeri a dire buona parte della verità. Con 7 gol lo spagnolo è l’unico ad aver trovato una reale confidenza con la porta avversaria, con reti arrivate in maniera varia. Dalla distanza con la Virtus Francavilla, con tecnica nello stretto contro Avellino e Giugliano, chiudendo a rimorchio con Catanzaro, Potenza e Pescara. Da dentro l’area e da fuori area, cambia poco. Sulla ruota di Messina il numero da giocare è il suo 10. Raciti dovrà essere capace di trovare nuove soluzioni per mettere nelle migliori condizioni possibili Balde per calciare a rete. Il mare di retorica utilizzabile in questi casi suggerisce di pensare ai primi gol di Perez o Ragusa, oppure che Kragl cancelli quel dischetto di Taranto tirando fuori un sinistro imparabile. Tutte cose possibili e da non escludere, ma i numeri della stagione aiutano la ragione e indicano in Balde l’elemento più pericoloso della rosa giallorossa.

CUORE – Al Guariglia erano presenti – a spanne – quasi 800 tifosi giallorossi. Una migrazione massima vista la capienza disponibile. C’erano ultras, tifosi appassionati, famiglie e bambini, tanti bambini. Il cuore batteva a tempo dei loro cori, uno sforzo mai inutile ma che non è bastato per aiutare. Sarà ripetuto e moltiplicato al San Filippo, perché di gente ce ne sarà tanta e saprà spingere con maturità fino al 90′. Il cuore dei tifosi, però, non è mai stato in discussione. Serve quello della squadra, occorre quello di un gruppo arrivato al capolinea fisico ma che deve trovare le ultime tracce di energia per superare un avversario meno forte ma fin qui migliore. Il calcio è così: il più forte non vince in automatico, sennò non si giocherebbe e si farebbero le famose classifiche sulla carta. No, nel calcio – e in generale nello sport – vince il migliore. Che non è per forza di cose il più forte o il più bravo. Fino al fischio finale del Guariglia non ci sono stati dubbi su chi fosse il migliore. Tocca al Messina non pensare più di essere più forte ma dimostrare di essere il migliore. Dal punto di vista tecnico e tattico abbiamo scommesso i nostri due centesimi su Fofana e Balde, ma da quello emotivo tutto cambia. Fumagalli, Kragl, Perez e Ragusa sono i nomi noti, poi Ferrara e Trasciani che di questa squadra è sempre stato leader senza apparire. A loro si chiede quella maturità emotiva, quella capacità di respirare quando l’aria è pochissima, di andare avanti fino alla fine. La loro dovrà essere una spinta di cuore – oltre che chiaramente tecnica -, dovranno essere la miglior versione della loro carriera in giallorosso. Un cuore che sappia battere regolare e spinto dalla ragione e non dalla disperazione. Una retrocessione diventa eredità che, spesso, viene vissuta dalla sola città e tifoseria. Le società a volte cambiano, sicuramente lo fanno allenatori e calciatori. Ma una retrocessione ti resta dentro: è una sconfitta che non cancelli cambiando aria, una sconfitta con cui devi fare i conti ogni volta che guardi indietro e analizzi la tua storia calcistica. La salvezza è un obbligo per il Messina e per Messina, ma lo è anche per professionisti che hanno intrapreso un percorso che sembrava impossibile e che non possono accettare – senza lottare col cuore – di chiuderlo con un insuccesso.

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