Messina: tesi, antitesi, sintesi

Pubblicato il 19 Febbraio 2020 in Primo Piano

“Chi sa solo di calcio, non sa nulla di calcio”. Così Jose Mourinho in una delle sue massime più famose, e riprese in tante occasioni per far comprendere come il gioco non sia solo quello comprendente pallone, piedi e fatica fisica.

TESI – “Il Messina è il Messina, basta il nome della città per uscire da una categoria che non merita. La Serie D è un’infamia per una piazza del genere, per un pubblico caldo e passionale che – come la storia insegna – è capace di fare la differenza. La tredicesima città di Italia non può stare tra i dilettanti, una città con uno stadio bellissimo e grandissimo come il Franco Scoglio merita spettacoli di altissimo livello. La famiglia Sciotto ha salvato il calcio cittadino dopo la scomparsa, sono stati gli unici a presentarsi al bando comunale del sindaco Accorinti. Hanno speso una marea di soldi, meritano di poter sbagliare e, comunque, tanti errori sono figli di collaboratori non all’altezza. In tre anni tutti gli hanno voltato le spalle, ma sono brave persone e bisogna remare tutti dalla stessa parte”.

ANTITESI – “Se da più di un decennio il Messina oscilla tra campionati di Serie D e salvezze all’ultimo respiro in Serie C qualcosa vorrà dire. Se a Messina si sono susseguite proprietà senza futuro la colpa è anche di questo ambiente. Il calcio di oggi è fatto di tanti personaggi che vogliono lucrarci, senza programmazione reale e gente competente e con i soldi. Il calcio a Messina è morto con i Franza, il resto è stato il nulla. La famiglia Sciotto ha fatto solo promesse, ma in tre anni raccogliamo figuracce in giro per cittadine che fanno festa solo per il fatto di affrontarci. Gli Sciotto avranno pure speso, ma senza preparazione e capacità manageriale non si va da nessuna parte. In tre anni non sono riusciti a formare una base di calciatori e di dirigenti. Tutti quelli che lavorano con loro vanno via sbattendo la porta. Possibile sia sempre colpa degli altri? Non c’è futuro”.

SINTESI – La fine del calcio professionistico – concretamente – a Messina coincide con la seconda retrocessione in Serie B della proprietà Franza. Dopo un anno di limbo tra i cadetti, infatti, una strategia fallimentare ha portato alla decisione – suicida – di iscrivere la squadra in Serie D. Il post Franza ha regalato solo personaggi dalle dubbie possibilità, col solo regno Lo Monaco capace di dare qualche soddisfazione. Tutte cancellate dalla retrocessione per mano della Reggina. Da Lo Monaco a Stracuzzi: primo anno di illusioni, secondo con un mare di non-detto utile ai meschini e infimi profittatori che hanno aleggiato attorno a quell’Acr Messina. Sul banco – per una cessione necessaria – pochissimo, con Proto che si prese prima gli onori, e poi gli oneri di una mancata iscrizione, per la quale pagherà – giustamente – per sempre dal punto di vista mediatico e percettivo. La famiglia Sciotto è arrivata in mezzo all’interesse di nessuno: a fregare Pietro è stato l’entusiasmo e le prime dichiarazioni. Ma solo gli oltranzisti restano legati a un “3 anni in B”, perché va compresa la voglia di ambizione e la passione. La gestione, però, è stato fortemente negativa e affliggente. Uno scollamento in termini di fiducia da parte di una piazza – che inizialmente aveva riposto estrema fiducia – devastata da sconfitte e mancanza reale di ambizioni e possibilità di lasciare il pantano della D. Nessuna cattiveria preconcetta, solo la valutazione in termini negativi del lavoro di una proprietà incapace di coinvolgere e convincere. Troppi allenatori, soprattutto perché il primo è stato sempre sbagliato portando a un cambio quasi fisiologico oltre che scontato. Poca fiducia nel lavoro dei collaboratori, spesso per smania di protagonismo, utile solo a influenzare in negativo squadra e futuro. Eccessiva rabbia nella valutazione dei risultati, con reazione fin troppo emotiva portatrice solo di litigi interni e addii amari e chiacchierati. Calciatori arrivati e partiti con porte girevoli sempre attive, una totale incapacità di creare legami forti e duraturi, da sempre necessari in un mondo dalle regole non scritte come quello del calcio. Chiamarsi Messina o Juventus, nel calcio di oggi, non conta più nulla vista la trasformazione in una realtà molto più progettuale e finanziaria che legata a bacini di utenza o blasone. Le risorse elargite dagli Sciotto sono indiscutibili, ma tra spendere e saper spendere passa la differenza tra: una squadra invischiata nei dilettanti, e società dal nome meno altisonante ma da anni alle porte della Serie A.

NOTA BENE – Tesi e antitesi sono – nello sviluppo della Dialettica filosofica da Socrate a Hegel – i due presupposti in contrasto tra loro, utili a produrre la sintesi, la teoria che prende le due precedenti affermazioni cercando di regalare una verità più reale possibile. Tesi, sintesi e antitesi, quindi, servono a smentire tutto quello che le teorie che aleggiano intorno all’Acr Messina – e in generale al calcio messinese – in maniera totalitaristica. Il bianco e il nero, come uniche possibilità, non possono esistere: un arco di tempo così ampio – 3 anni – è vicino a essere credibile per una tara verosimile; perfetta per raccontare le vicende nel modo più onesto e reale possibile.

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