Fc Messina, le cinque W

Pubblicato il 9 Luglio 2019 in Primo Piano

Rivoluzione, alternativa, tentativo, buco nell’acqua e oscillazioni del genere. L’ingresso a piedi uniti di Rocco Arena nel calcio messinese ha suscitato sentimenti opposti, commenti tra lo speranzoso, lo scettico e il diffamatorio, scenari di separazione col retrogusto del passato. Fc Messina, già Città di Messina, una società in costruzione.

WHO – La regola delle cinque W sta alla base del giornalismo anglosassone, cinque semplici domande che daranno la più semplice delle risposte, e anche la più ricercata, a una questione più ampia. Who, quindi chi: Rocco Arena, milanese ma dal cognome messinese, presidente del Consorzio Toro arrivato in riva allo Stretto per caso (come dice lui, chissà). In queste settimane di spaccatura tifosa la domanda più ripetuta resta una: i soldi? Perché il mondo del calcio viaggia col denaro. Consorzio Toro, quindi, al centro della nostra prima W: in origine fu la famiglia Arena nel lontano 1972 a entrare nel campo delle pulizie industriali. Prima Milano e la sua provincia, poi la Lombardia con una crescita che ha portato a una presenza sul territorio estero tra Repubblica Ceca, Stati Uniti e Spagna; terra quest’ultima dove Arena ha investito nel mondo del calcio, ma di questo parleremo dopo. I consorzi si basano sull’unità di realtà imprenditoriali legate dallo stesso scopo o interconnesse: una scelta collettiva con l’obiettivo di creare guadagni per i singoli imprenditori coinvolti, derivanti da un incremento di utili o dalla garanzia di mantenere una determinata posizione sul mercato. Il Consorzio Toro, nato nel 2015, agisce su una infinità di settori: quello delle pulizie industriali è solo il capostipite, si va dalla logistica ai trasporti industriali e non, ristorazione, giardinaggio, fornitura materiali, progettazione interni, eventi e gestione di impianti sportivi (argomento che tornerà). Passaggio complicato quello dell’erogazione dei servizi, perché un consorzio per natura è un contenitore di imprese, non è quindi il consorzio direttamente a gestire i vari settori ma le aziende partner facenti parte dello stesso che, però, funge da garanzia. Esempio di cronaca: nel novembre 2018 proprio l’intervento del Consorzio pose fine a una diatriba sindacale. I lavoratori che fornivano i servizi di pulizia dei negozi Bershka, Stradivarius, Pull and Bear, Oysho e Zara Home, negozi della galleria dello shopping del centro commerciale Nave De Vero di Venezia, appartenenti alla società 4.0 Facility Management di Milano misero in piedi una denuncia sindacale per il mancato versamento di alcune mensilità. L’intervento del Consorzio Toro, che ci tenne a precisare come la società milanese fosse ormai fuori dallo stesso, servì per il pagamento dei lavoratori. Questo fatto di cronaca è utile solo per chiarire le modalità di funzionamento di un consorzio tra imprese (art. 2615, secondo comma, Codice civile). Chiaro, quindi, come un consorzio tenda ad affidarsi a società solide per non gravare sull’intera organizzazione, un sottile equilibrio di difficile lettura: più società sane e produttive alzeranno il livello del consorzio che, però, convive con la possibilità di doversi fare garante in caso di difficoltà o mancanze. Allo stesso tempo, però, gli equilibri sulla solida durata di un consorzio tipo restano sottili. Non sono pochi i casi, che possono coinvolgere consorzi in generale, contrari a quello sopracitato. In più, resta enorme la differenza tra l’essere controllante di una delle aziende facente parte del Consorzio e presiederlo. Quest’ultimo incarico, infatti, non rappresenta a prescindere un indice di solidità.

WHAT – Che cosa ha comprato Rocco Arena? Il Città di Messina, società nata nel 2010 da un gruppo vario di imprenditori che cercarono di fornire un’alternativa al morente, o così pensavano, Messina del post Franza. Alti e bassi, tra una Serie D brillante guidati da un Pasquale Rando capace di far scoprire al calcio italiano Saraniti, Citro e Tiscione. Poi l’Eccellenza, la Promozione, la famiglia Lo Re e la risalita con gli ultimi due anni condotti da un Peppe Furnari dei miracoli con la vittoria, prima, del campionato di Eccellenza tra la sorpresa di tanti; seguita dalla salvezza in Serie D nonostante un mese di lontananza forzata dopo un contestato esonero. Il CdM finisce il giorno della cessione a Rocco Arena, con buona pace di chi ci ha creduto e di chi vorrebbe ancora chiamarlo così per rivendicare la propria verginità. La realtà, però, dice che una società cessa di esistere nel momento stesso che la sua storia viene spazzata via. Non sarà, certamente, il cambio di denominazione a modificare gli anni vissuti dal CdM ma non ci si può nascondere dietro a un dito unendo il cammino concluso dai Lo Re con quello intrapreso da Arena. Nel bene o nel male. Argomento poco importante, più interessante la strategia adottata da Arena: forte di un legame vecchio di anni con Pietro Franza ha acquisito, al momento affittato (anche se dalle due parti non sono mai arrivate dichiarazioni riguardo a cifre), il logo del Fc della Serie A e registrato al momento delle firme notarili la società come Fc Messina. Se questo, poi, verrà ammesso dalla LND è ancora un mistero, si attende infatti il placet della Lega per il cambio della denominazione dato che si creerebbe l’impossibile presenza nello stesso girone di due squadre dal nome identico: Messina. Gli acronimi, infatti, non bastano per differenziare ma, e riportiamo quanto detto dalla società, tutto sembra andare verso l’accettazione. In caso contrario sarà Fc Città di Messina? Improbabile, più verosimile qualcosa tipo: “Football Club Messina” per intero, come un Chievo Verona, per intenderci. Importante o interessante? Forse, nessuna delle due cose, ma serve per la chiarezza. Uno stratagemma – così palese che diventa difficile caderci – che richiama alla storia. Su quella storia prova a mettere le basi Rocco Arena, forte del fatto che il calcio messinese di storie intrecciate ne ha viste fin troppe. Acr e Fc (quello della Serie A) adesso separate, ma ieri prosecuzione alternata di un filo storico ricucito a ogni strappo di mala gestione. Basta per creare amore? Difficile, o impossibile nell’idea di radicalizzarsi. Tanto che il CdM dai pochissimi tifosi potrebbe trasformarsi in un Fc con, probabilmente, parecchi curiosi.

WHEN – Arena e il calcio messinese è un binomio che nasce la sera di Messina-Giulianova di Coppa Italia, quasi per caso dice lui, quasi tirato dalla giacchetta dall’amico e collega Santi Cosenza. Tra romanzo (molto, il personaggio sembra tenderci) e realtà. Il tentativo ripetuto con l’Acr e la famiglia Sciotto, un nulla di fatto che ha aperto alla strada alternativa Città di Messina. Arena e il calcio in generale, invece, non sono un esordio: sponsorizzazione al vecchio Fc Messina, al Torino del quale è tifoso e in prima persona come proprietario. Cfi Alicante, formazione spagnola della Regional Preferente della Comunidad Valenciana, inserita all’interno della Divisiones Regionale della Federazione spagnola, l’ultima categoria del calcio iberico che, per precisione, ha una organizzazione diversa rispetto a quella italiana: Primera Division, Segunda Division, Segunda Division B (4 gruppi), Tercera Division (18 gruppi) e Divisiones Regionale composta da 60 gruppi rappresentati le varie regioni e province spagnole. Nell’ultima stagione l’Alicante ha concluso il torneo al quarto posto, anni in crescendo per il piccolo club spagnolo passato dalla Segunda Regional della Comunidad Valenciana fino alla Preferente, livello massimo della Divisiones Regionale locale. In Italia? Non un esordio nel calcio italiano per Rocco Arena quello di Messina, l’imprenditore milanese è stato infatti presidente del Real Cureggio, piccolo centro nelle vicinanze di Borgomanero in provincia di Novara. Sotto la sua gestione il Real Cureggio scalò le categorie piemontesi passando dalla Terza al campionato di Eccellenza. Nel 2014 abbandonò la società per trasferirsi definitivamente in Spagna e guidare l’Alicante. Non senza strascichi di polemiche, e non solo, in quel di Curreggio.

WHERE – Per il dove il discorso passa alle infrastrutture, perché a calcio si gioca su un campo e quale sarà quello dell’Fc resta argomento interessante. Il sindaco De Luca ha incontrato le due società per la gestione annuale del San Filippo, la fine della storia la conosciamo tutti con l’Acr Messina unica a restare in corsa e perfetta nel fornire documentazione e fideiussione bancaria, come richiesto da Palazzo Zanca. Per l’Fc, invece, un passo indietro ma motivato da un secondo obiettivo: il Giovanni Celeste. Notizia dell’ultima ora quella della consegna delle chiavi dell’impianto del viale Gazzi alla società di Arena. Arena decide di fare un passo indietro per il San Filippo e vira sul Celeste ottenendo, dal Comune, la gestione annuale dell’impianto; giocarci, però, è un’altra storia. Nelle settimane dell’agonizzante gestione Proto venne tirato fuori l’avveniristico progetto di ristrutturazione del Celeste con tanto di mega sponsor e nuovo naming dell’impianto. La storia ha aggettivato l’imprenditore di Troina e le sue promesse. Proto a parte, sulla questione Celeste l’Fc Messina si affida all’ingegnere Mento e la sua idea molto chiara su come risollevare il Celeste dal suo destino infausto. Una miriade di lavori che non staremo a elencare, anche perché riguardano la totalità della struttura. Un lavoro lungo e costoso, inutile fare previsioni e si resta in attesa degli eventuali cantieri. Anche qui, però, la narrativa romanzesca sembra prendere il sopravvento sulla fattiva possibilità di riuscire. Nel frattempo, però, i primi passi sono quelli dell’autorizzazione – previa richiesta e accordo economico col Comune – a trasformare l’impianto nella “casa sportiva” dell’Fc Messina, nell’attesa il club di Arena dovrà trovare la miglior soluzione per gli allenamenti, con la Cittadella Universitaria tra le opzioni. E la domenica? San Filippo, come logico. L’Acr, come da accordi con il sindaco De Luca, concederà lo svolgimento delle gare interne dell’Fc a seguito del pagamento di un canone. La mossa (intelligente e corretta) di garanzia di D’Arrigo, direttore generale dell’Acr, è stata quella di una fideiussione bancaria a garanzia di ogni match da disputare al San Filippo; giusto salvagente e lieve provocazione su un tema che ha diviso due società già parecchio lontane.

WHY – Forse la domanda più interessante, o quella che sicuramente apre scenari diversi rispetto al mero aspetto tecnico. Perché il calcio a Messina? Perché adesso? Perché tanta insistenza nel volerci entrare dopo il “no” degli Sciotto? La questione del bando di concessione pluriennale dello stadio San Filippo torna protagonista, non per nostra visione ma per il chiaro interesse manifestato da Arena sia durante la trattativa con Sciotto che successivamente. Dell’argomento abbiamo già trattato, in generale e particolare (http://www.cornermessina.it/la-concessione-degli-stadi-in-italia-e-il-caso-messina-17764), un discorso di pura teoria fino alla sua applicazione reale sul territorio. Storie di indotto e di interessi slegati al calcio, ma che tornano a farne parte: si torna alla natura del Consorzio e delle sue sfaccettature, dalla mera gestione dell’impianto fino agli interessi commerciali che potrebbero sorgere all’interno dell’area del San Filippo. Necessario, forse vitale, visto che non è impossibile pensare come le risorse economiche personali non garantiscano una sussistenza lunga nel tempo. Proprio il tempo sarà fondamentale, perché una lunga attesa burocratica potrebbe complicare i piani. Tirare per anni, infatti, non sembra lo scenario migliore per Arena. Una società che guarda al futuro (discorso non riferito all’Fc, ma più in generale a quelle proprietà a cui è concessa una gestione pluriennale), al netto dell’infima Serie D (questo sì che è riferito all’Fc), punta a una percentuale di guadagno grazie allo sfruttamento delle risorse da indotto. L’esempio della Juventus, perché coi macro-esempi si capisce sempre meglio, è il più conosciuto in Italia e replicarlo, in piccolo, non è impossibile dato che dalle parti di Torino nessuno ha inventato nulla, ma solo osservato e seguito strade tracciate in tutta Europa. Chiaro, allora, che la quantità di tempo di Arena in riva allo Stretto passi dalla questione stadio. Argomento sul quale, però, è difficile pronosticare tempistiche. Senza la concessione, soprattutto in caso di non salto di categoria, resta lecito pensare a una fugace avventura.

WHEREBY – Bonus track, perché le W sarebbero finite, ma ci serviva un “come” e “how” non è con la w ma i sinonimi ci danno sempre una mano. Per il come ci tuffiamo negli aspetti tecnici e degli uomini scelti: Marco Ferrante, Davide Morello e Massimo Costantino, rispettivamente dg, ds e allenatore dell’Fc Messina; profili legati dal benestare di Marco Rizzieri, caposcouting del Torino e voce amica per Rocco Arena. Parlare di calciatori a inizio luglio è poco interessante: oggi il processo al mercato e poi ad agosto arriva Neymar e tutto si cancella, paradosso che vale dalla Champions League alla Terza Categoria. Spazio dunque alle figure dirigenziali e tecniche: Marco Ferrante, attaccante dal vizio del gol e dall’esultanza con corna da toro da bandiera e innamorato dei granata. Carriera da calciatore di buonissimo livello (quinto marcatore di tutti i tempi del Torino), da dirigente invece rimane una pagina ancora da scrivere: collaboratore tecnico di passaggio a Monza, poi procuratore e abilitato direttore sportivo dal 2012. Come direttore generale un esordio, il suo profilo però arriva direttamente dai buoni uffici di Arena con il Torino. Davide Morello, ex portiere di Pisa, Torino e Trapani tra le altre, classe ’78 e per la prima volta direttore sportivo ma con tanti anni nel mondo del calcio per volare senza rete, o almeno provarci. Andrà giudicato per quello che farà e non per l’esperienza maturata o meno. Ultimo, ma fondamentale, è il tecnico Costantino: ex allenatore di Vigor Lamezia, Vibonese e Sanremese (le ultime), finito nell’inchiesta Dirty Soccer (3 mesi di squalifica per lui ai tempi della Torres), una parentesi che ha riguardato anche idoli locali e che notiamo senza commento. Esperienze in Serie C in formazioni con l’obiettivo salvezza sempre in testa, le sue squadre si sono sviluppate per lo più sull’impronta del 4-3-3 regalando, talvolta, un interessante proposta di gioco.

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