Messina, il corollario della Legge di Murphy

Pubblicato il 10 Luglio 2020 in Primo Piano

Arthur Bloch è umorista e scrittore statunitense. La sua fortuna principale nasce dall’aver riscritto – in chiave comica – la famosa Legge di Murphy: “Se qualcosa può andar male, lo farà”. Il corollario di Bloch paradossa i paradossi delle legge, dando vita a una divertente cascata peggiorativa.

IL DISASTRO – Da Arthur Bloch, quindi, viene fuori il titolo che racconta in maniera calzante l’avventura di Pietro Sciotto e famiglia in sella all’Acr Messina.

“Dopo che le cose sono andate di male in peggio, il ciclo si ripeterà”

Arthur Bloch

Tre anni di insuccessi sportivi, soldi (tanti o pochi non importa) gettati via e spesso regalati a mestieranti dalle dubbie qualità, talvolta, anche morali. Il primo anno resta inciso come il “migliore”, ma il grazie per Modica e Lamazza fu la cacciata con il codazzo di megafoni organizzati nel spalare melma su tecnico e ds. Un sesto posto in rimonta, arrivato dopo figuracce in giro per Sicilia e Calabria con l’indimenticabile preghiera al Cielo della Curva Sud in un Messina-Vibobese con pokerissimo calabrese. Poi Modica e squadra misero a fuoco la stagione. Non bastò: la seconda stagione è un fallimento atomico. Per tante settimane nei bassifondi della classifica, con il paravento della inutile Coppa Italia a tenere compatti. Finita male, non tanto per la sconfitta ma per le sbracciate poco aristocratiche di un Paolo Sciotto inebriato dal potere di presiedere un cda (avessi detto…). Il terzo – tutto sommato – è il peggiore: la rivalità più inutile di sempre, tanto da soffrire un appena sufficiente quarto posto del Fc Messina. Il tutto condito dai litigi con l’amministrazione comunale – la stessa alla quale viene chiesto un incontro, ma nel frattempo si va a trattare la cessione (la logica non è mai presente) -, e diatribe buone per nullafacenti tipo led, erba del San Filippo o varie amenità. Che, se raccontate a cittadini normodotati di altre latitudini, darebbero vita a grasse risate e pietose carezze. Sul campo il fallimento è evidente: Obbedio, Cazzarò, gli ex Camaro, Zeman, Leonardo e Pensabene, con loro una caterva di calciatori dei quali non restano tracce se non per la grandissima umanità di tanti di loro. Anche loro vittime di un caos senza eguali. Delle loro prestazioni abbiamo scritto – spesso malamente -, ma dimenticare che i calciatori sono soprattutto uomini è errore da non commettere. Il peggio non è mai finito: difficilmente si ricordano settimane di pace in casa Acr Messina. Tutte cose già note, stranote, trattate, spezzettate, analizzate. Tutto in linea, se non fosse per la biforcazione di una parte di cittadinanza che si divide tra delusi dall’Acr Messina e affascinati dal Fc Messina. Qualcosa di impensabile, improponibile, ma reale e difficilmente parabile o modificabile dalla volontà di soggetti diversi dai protagonisti. Le strade parallele producono, soprattutto, tristezza. Tantissima. Condita, poi, dall’appassionante guerra a colpi di social network (con i presidenti a portare la bandiera della sindrome di Peter Pan): un florilegio di rincorse a chi si insulta più pesantemente e in maniera più sgrammaticata. In tutto questo il Messina diventa sfondo: buona scusa per cattiveria sociale, o peggio per difendere ruoli da opinion leader o primatisti dello scoop. Da moralisti e moralizzatori, poi, a spietati arrivisti quando c’è da rilanciare il marchio. “Gli Sciotto vogliono vendere?”, cavalcare l’onda diventa un atto di fede. Nel frattempo la proprietà rischia, purtroppo, l’ennesimo torto alla storia giallorossa.

CHI SI AVVICINA AL MESSINA – Quanto, realmente, la famiglia Sciotto valuti il suo Acr Messina non è dato sapersi. La società, infatti, non è mai stata in vendita a una cifra certa e dichiarata. Solo una caterva di offerte rifiutate o, spesso, mai prese in considerazione. L’affare saltato con Arena è storia passata e noiosa; in mezzo almeno un paio di abboccamenti in giro per il sud d’Italia. Tutti finiti prima di iniziare: perché Pietro Sciotto, in fondo, il suo Messina continua ad amarlo davvero. Amore e convenienza, a volte, vanno a braccetto ma sulla passionalità di Pietro Sciotto chiunque può mettere la mano sul fuoco. Il lockdown incide e inciderà, perché il settore dell’auto resta tra i più colpiti. Nucaro – fresco di retrocessione a Corigliano – spara in diretta il suo interesse per il Messina. Trattativa finita senza iniziare. Con Nucaro che, comunque, sembrerebbe affascinato dalla possibilità di un titolo di Serie D, data la mai sopita idea di rilevare l’Acri spostando il titolo sportivo tra Corigliano e Rossano. E chi sa di geografia cosentina capisce le asperità della cosa. Nucaro, poi, è personaggio noto anche per il caso Sogefil: condanna definitiva a due anni e dieci giorni e interdizione dai pubblici uffici. Una vicenda legata alle riscossioni che la Sogefil avrebbe dovuto fare in vari centri calabresi, l’accusa – e la successiva condanna – trovavano però una mancanza nei versamenti ai rispettivi municipi delle somme riscosse. Sciotto, comunque, dichiara di non aver neanche trattato. L’idea di cedere – meno quella di una divisione in quote – resta vivida nella proprietà. Mentre prende piede il possibile ingresso di Pietro Lo Monaco, però, si viaggia in direzione Salerno (magari su suggerimento mirato). Trattativa tenuta sotto silenzio, con la ridicola scusante che in questi casi occorre restare nell’ombra. Chissà che polli, quindi, gli Zhang che comprarono l’Inter senza celarsi o Friedkin che arrivò a un passo dalla Roma (tra l’altro società quotata in Borsa) alla luce del sole. Ma a Messina, per motivi inspiegabili, si vive sempre di complotti e manie di persecuzione. Resta, quindi, particolare l’idea di poter portare avanti tale trattativa tenendo tutti all’oscuro. Il mondo è piccolo, la gente mormora. Da Salerno, passando per Rieti, vengono fuori i nomi di Carmine Del Regno e di Enzo Bove. Non due novizi del calcio, già al Rieti appena sprofondato in D dopo una Serie C da comparsa. Ruolo, comunque, marginale tanto che per Del Regno l’impegno iniziale fu di mera sponsorizzazione. Il successivo ingresso nel cda avvenne in pieno lockdown, con i risultati che ne conseguono. Per lui impresa nel settore carni e supermercati: imprenditore che, certamente, non vorrà bruciare il patrimonio, costruito in una vita, nel pozzo senza fondo che sa essere il calcio. Enzo Bove, invece, a Salerno è noto per essere l’uomo che ha ritmato le notti dell’intrattenimento. Per lui avventura anche in politica, terminata dopo un’inchiesta, poi archiviata, che diede anche vita a contrasti con l’allora sindaco Vincenzo De Luca, oggi presidente della Regione Campania. Successivamente lo stesso Bove patteggiò – insieme al suocero Marinelli – una condanna a un anno e otto mesi (pena sospesa) per la bancarotta del noto bar 089. Nel calcio è legato anche alla Salernitana visto che una delle sue società cura il catering dello Stadio Arechi. Da questo, si deduce, arriva l’intermediazione del noto ds Angelo Fabiani: già direttore sportivo del Fc Messina della famiglia Franza, e da sempre uomo vicino a Luciano Moggi. Difficilmente Del Regno e Bove, dicevamo, saranno propensi a esborsi clamorosi per rilevare o entrare in quota Acr Messina. Non una questione di disponibilità, ma trattandosi di una società di Serie D non è così semplice convincere eventuali compratori ad accordi su cifre clamorose. Nel caso, poi, i nuovi soci volessero partecipare al bando per la gestione del San Filippo dovrebbero programmare una spesa di alto livello, per questo il passaggio di quota non potrà – e dovrà – essere basato su un esborso eccessivo. Lo stallo esiste: da una parte il gruppo salernitano che valuta congrua la cifra offerta e che non disdegnerebbe un ingresso iniziale come soci, dall’altra una proprietà che sembra ondeggiare tra l’accettare o il rifiutare. Un’oscillazione che potrebbe assestarsi in un sol colpo: tutto sembra dipendere – da un momento all’altro – dalla volontà di Pietro Sciotto.

PIETRO LO MONACO – Se vendere è complicato, più semplice trovare un partner. L’addio al Catania di Pietro Lo Monaco è stato, nuovamente, fragoroso. Gli etnei cercano la salvezza economica con la cessione della società, trattative in corso mentre la squadra è stata impegnata nei playoff promozione fino al pari con eliminazione contro la Ternana. Addio definitivo, questo, per Lo Monaco da Catania ma il mondo del calcio resta il suo. A Messina la sua avventura – già accennata qui – ha trovato gli alti di una doppia promozione (dalla D alla Seconda Divisione e poi in C), e i bassissimi della retrocessione nel playout contro la Reggina. Gli umori del tifo si spaccano: chi vede in Lo Monaco l’uomo giusto per competenza e capacità è pronto ad archiviare il maggio-giugno 2015. Chi quel derby non riesce a dimenticarlo, invece, vede in Lo Monaco il peggio del ciclo peggiorativo che si ripeterà. Tra fatti e parole, infatti, il rapporto tra Messina e Lo Monaco fu sempre di guerra fredda armata. Il suo addio arrivò dopo una conferenza fiume, una cascata condita di analisi sociologica, politica e sportiva di una città che non vedeva l’ora di abbandonare. In Serie A il dirigente torrese è stato autore di colpi come Vargas, Barrientos o il Papu Gomez. La Serie D – e anche la C viste le difficoltà del Catania nel puntare al vertice – sembrano altro pane per un Lo Monaco che, in caso di arrivo, dovrebbe comunque dimostrare. La vittoria in Serie D non fu, certamente, un’impresa sportiva. L’anno successivo arrivò un primo posto in Seconda Divisione – verissimo – ma restava un campionato con undici promozioni (11). Il suo ritorno a Messina sarebbe, con tutta probabilità, con la volontà di un ingresso lento e inizialmente di mera consulenza o ruolo dirigenziale. Del futuro – quote e partecipazione – se ne riparlerebbe in caso di successo o rapporti non tesi con quella che resta una proprietà vulcanica.

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