Taranto-Messina, bisogna smetterla di pensare troppo prima di agire

Pubblicato il 24 Aprile 2023 in Primo Piano

Fa malissimo non averci nemmeno provato. Il Messina pareggia a Taranto, ma non serve a nulla e sarà playout contro la Gelbison. Non vincere era una possibilità, non aver fatto nulla per riuscirci diventa inaccettabile. L’attesa non paga mai, ma il miracolo poteva arrivare da un dischetto diventato amaro.

IN ATTESA DEL NULLA – E quindi? Domanda stucchevole, come è stata la prestazione dei giallorossi allo Iacovone. Atteggiamento guardingo, quasi di attesa e studio delle varie possibilità. Forse, ancora una volta, hanno vinto i calcoli e l’idea di poter indirizzare il destino con furbizia. Non era più tempo, anzi non è lo stato mai. Serviva vincere chiudendo gli occhi, poi riaprirli e scoprire se l’aiuto era arrivato. Era arrivato, perché il Latina è stato protagonista di una gara serissima tanto da ribaltare la Fidelis Andria dopo il vantaggio di Ventola. Nessuno regala nulla, neanche il Taranto che, però, gioca una partita perfetta per quello che era l’obiettivo del Messina. Sì, perché sarebbe stato molto più complicato affrontare un Taranto classico, di quelli allineati e coperti. Capuano rompe gli indugi e libera la sua squadra: attacco continuo, pressante e avvolgente con fasce laterali dominanti. I pugliesi diventano pericolosissimi sulle palle inattive, ma quei tiri da fermo sono conquistati da una tambureggiante voglia di fare gol. Che non arriva, anche perché non si diventa bomber da un momento all’altro. Il Taranto avrebbe meritato di vincere, lo fermano i legni e Fumagalli. Ecco, il portiere giallorosso è il migliore dei suoi. Non proprio ideale se devi solo vincere. Era possibile farlo, era obbligato provarci. Tra dovere e potere c’è differenza, il Messina aveva bisogno di entrambi i verbi ma quello davvero imperdonabile è il secondo. Potere vincere e non averci provato. Raciti (voto 4) aveva chiarito che nessuna notizia sarebbe arrivata dagli altri campi, possibile ma pian piano è diventata solida l’idea che il Messina fosse troppo collegato a ciò che accadeva altrove. Monterosi avanti, Andria in bilico e allora il playout contro la Gelbison era il minore dei mali. In fondo evitare la Fidelis Andria ai playout non sarebbe stato così male. Una volta passato in vantaggio il Latina – e avuta la certezza della possibilità di salvarsi grazie al distacco dalla penultima – poteva essere tempo di giocare l’all-in per la salvezza diretta. Troppo tardi, perché la partita era incanalata nella sua inerzia, nel suo destino e non era stata di controllo visto un Taranto sempre intenso. Stanchezza fisica e mentale, con il peso maggiore dell’errore dal dischetto. Sì, un calcio di rigore che mancava da 72 partite e che De Angeli assegna per una mano di troppo. Kragl lo sbaglia tirando malissimo, con paura. Non avrebbe dovuto sbagliare e chi se ne frega se ha avuto il coraggio di tirarlo. È il suo lavoro. Lui in primis, tra l’altro, non troverà consolazione dall’averci provato. Lo dicono le sue lacrime sincere a fine gara. Finisce senza reti, finisce senza che il Messina ci abbia provato se non in un finale senza senso nel quale il Taranto era diventato consapevole di poter agganciare i playoff solo vincendo. Spezzata in due la squadra di Capuano, forse il miglior assist per un Messina che – anche in 10 uomini – avrebbe potuto trovare il jolly in contropiede. Ma con chi? Grillo, Iannone, Perez e uno dei peggiori Balde della stagione non calciano mai in porta. Tocca a Ferrini che, infatti, non indovina nemmeno lo specchio difeso da Vannucchi. E vuoi dargli anche la colpa? Miracolo sì, ma non esageriamo.

RESPONSABILITÀ DI TUTTI – Inutile guardarsi indietro. Resta la consapevolezza di non aver colto l’occasione, di aver dato un calcio a un destino amico. L’analisi della stagione del Messina è complicata, perché pesa troppo il girone d’andata e diventa difficile puntare il dito verso una gestione tecnica che ha messo insieme 30 punti in 18 gare. Media da 1,66 a partita che in proiezione sulle 38 partite dice 63 punti che in questo campionato avrebbe fatto rima con quarto posto. Sbagliato anche fare calcoli in maniera così facilona, perché un conto è dover fare una mega rimonta altro giocare un’intera stagione. Insomma, con una gestione normale e con un girone d’andata – per fare un esempio – da 24/25 punti magari non ne sarebbero arrivati 30 in quella di ritorno. Certo, parleremmo comunque di una squadra da salvezza comodissima o zona playoff. Che non dista così tanto anche da questo cammino del Messina, cosa che spiega quanto mediocre sia stata la parte destra della classifica di questo Girone C. Facile, quindi, puntare il dito verso la gestione Auteri punto e basta. Pure giusto, perché 11 punti e la mediocrità proposta restano pura vergogna calcistica. Provocare rientra nelle possibilità del nostro mestiere: gli 11 punti di Auteri sono un mezzo miracolo. Eh sì, perché quella rosa ne valeva ancora meno. L’aveva avallata? Sì, ma è più facile se firmi un biennale pesante. A stagione finita è giusto anche parlare fuori dai denti. Pitino aveva promesso – e gli era stato chiesto – di fare più dell’anno precedente spendendo di meno. Era impossibile. Auteri ci ha messo la controfirma, ma alla fine gli allenatori hanno sempre la buona scusa di non poter decidere quanto e come spendere. Alla fine loro allenano, lui lo ha fatto male ma chi ha avuto il fegato di guardare quelle 19 partite sarà consapevole che anche 11 punti sono stati troppi. Andava esonerato – in coppia con Pitino – molto prima, da queste parti ne parlavamo già dopo Cerignola e Andria. Dopo il Potenza era obbligatorio, ma in una società in cui tutti mettono becco ha vinto la stagnazione. Una paralisi decisionale che ha portato al dicembre drammatico: il vero buco nero stagionale. Raciti il suo miracolo lo ha fatto, soprattutto grazie al mercato perché con la rosa di Auteri potevi vincere qualche partita – tipo contro la Virtus Francavilla dove c’era il solo Fumagalli di nuovo arrivo -, ma non fare filotto. Sciotto che ha il demerito di essersi messo in casa quella incapace gestione del girone d’andata e di non averla cacciata per tempo, deve avere anche il merito di non aver mollato a dicembre spendendo a gennaio. Prendere Logiudice non era scontato o obbligatorio. Il direttore sportivo che – se arriverà – sarà autore di un vero miracolo. Portare a Messina profili come Fumagalli, Kragl e Perez non era facile oppure legato solo alla spesa. Chiaro, quindi, che i 30 punti conquistati da Raciti siano un grande successo. Altrettanto deve essere lucida l’analisi di quello che è stato perso: al Messina – in fin dei conti – manca un punto per la salvezza diretta, 3 se si vuol essere al sicuro anche dai possibili ricorsi di Monterosi e Viterbese. Parentesi: ridicole le sentenze a campionati finiti, ridicolo che si possa mettere in discussione un mancato versamento. O è stato nei tempi oppure no. Su cosa si dibatte? Fesso chi paga, allora. Parentesi chiusa. Quel punto mancante – oppure 3 – non può essere imputato solo al girone d’andata. Non sarebbe intellettualmente onesto. Invece che perdersi in permalosismi e paranoie, allora, sarebbe stato più costruttivo comprendere le critiche – figlie del timore di quello che oggi è realtà e non di voglia di demolire – dopo le sconfitte con Cerignola e Monopoli o dopo quel maledetto pari contro la Fidelis Andria. E qualche accompagnatore inopportuno si permise pure di parlare di malafede. La vittoria di Potenza aveva illuso, la sconfitta di Torre del Greco risvegliato, ma Picerno aveva chiarito che ormai ci si era persi nella speranza che le altre fossero peggio. Sarà playout contro la Gelbison, ci sarà tempo per parlarne. Salvarsi e poi crescere, sennò non sarebbe vera salvezza. Per crescere, però, occorre radere al suolo.

Fumagalli 7: para tutto quello che il Taranto scaglia verso di lui, quando non ci arriva ci pensano traversa e palo.

Berto 5: dalla sua parte i pugliesi fanno quello che vogliono, in fase offensiva non si vede mai anche per una precisa scelta tattica.

Baldé 4,5: non sta bene e si vede, forse sarebbe stato meglio tenerlo fuori. Gioca solo un tempo e soffre tremendamente gli attaccanti avversari. (dal 1′ s.t. Ferrara 6: tra i meno peggio, bravo nel calarsi nella sfida e mettere un paio di pezze. Il Taranto attacca in massa e lui non può essere ovunque)

Ferrini 5: alla fine avrebbe la palla della salvezza, ma quello non è propriamente il suo mestiere. Quando si difende soffre come gli altri.

Celesia 4: sbaglia tutto quello che tocca, alla fine si fa anche cacciare ma è il meno peggio della sua partita.

Fiorani 5,5: prova a rendersi utile in entrambe le fasi, ma l’atteggiamento della squadra lo costringe a restare solo basso e lontano dalla trequarti avversaria.

Fofana 4,5: assolutamente fuori partita, non trova mai i tempi per inserirsi nel gioco. (dal 1′ s.t. Mallamo 5: gioca pochissimo prima di farsi male, quanto basta per sbagliare fin troppi palloni. E dal 22′ s.t. Konate 5: spaesato, prova a difendere quando sarebbe già tempo di attaccare)

Kragl 4,5: il rigore sbagliato pesa e la retorica del “sbaglia solo chi tira” ha ampiamente scocciato. Da un calciatore come lui ci si aspetta di più nella prestazione e non solo nel tiro dal dischetto. (dal 17′ s.t. Grillo 4,5: impensabile che avrebbe potuto fare qualcosa di decisivo dopo una stagione in cui non ha fatto nulla)

Marino 5: se la squadra resta schiacciata lui non ha tempi e fisicità per giocare di rimessa. In quel ruolo è utile se può attaccare lo spazio, ma i giallorossi non attaccano mai. (dal 17′ s.t. Iannone 4,5: sparisce nella confusione dell’ultima parte di gara)

Balde 5: a sinistra si nasconde senza farsi trovare, quando torna in mezzo si vede qualche sprazzo ma è troppo impaurito.

Perez 5,5: almeno ci prova, con la consapevolezza che aver conquistato il rigore sbagliato da Kragl è un miracolo dato che è anche l’unico pallone mezzo pulito che tocca.

TARANTO Vannucchi 7; Mastromonaco 6,5, Evangelisti 5,5 (dal 31′ s.t. Sciacca s.v.), Antonini 6, Formiconi 6, Ferrara 6,5; Romano 6 (dal 15′ s.t. Labriola 6), Provenzano 6, Mazza 6 (dal 31′ s.t. Semprini 6,5); Tommasini 5,5, Bifulco 5,5 (dal 26′ s.t. Nocciolini 5,5). All. Capuano 6,5

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