
Messina, attraverso lo specchio e quel che Sciotto vi trovò
Pubblicato il 11 Giugno 2019 in Primo Piano
Come una novella Alice e il suo Paese delle Meraviglie, ma senza la magia di Carroll e il disincanto del sogno a rendere tutta la confusione solo un momento di onirico smarrimento. Il calcio messinese si perde attraverso lo specchio, la curiosità di cosa ci fosse dall’altra parte non ha portato a nulla.
NESSUNA STORIA – Rocco Arena irrompe sul calcio messinese, lo fa attuando un Piano B già pronto nel cassetto all’indomani del rifiuto di Paolo Sciotto di passare la mano e cedere il suo Acr Messina. L’imprenditore milanese torna alla ribalta dopo settimane di silenzio, chiude l’accordo con Maurizio Lo Re ed è pronto a trasformare il Città di Messina col malinconico acronimo di Football Club, fasti di una Serie A mai dimenticata; ma passaggio fondamentale per comprendere come il calcio messinese la sua storia ha sempre preferito dimenticarla. Chi scrive (un giovinotto citando un “collega”), ricorda la sua prima partita al Celeste: un Messina-Cremonese senza reti, c’era Igor Protti e un profumo dell’erba mai sentito prima; dell’acronimo o di quanto guadagnassero quei ragazzi in giallorosso poco importava. Il calcio moderno, invece, è un continuo rincorrersi di opinioni, fonti, soffiate, sussurri e sostanzialmente minchiate. I tifosi veri sono rimasti un paio, gli altri sono aspiranti commercialisti e/o giornalisti, sulla falsariga di chi una volta staccato dal lavoro scopiazza qualche notizia sudata da altri. Cattivo costume nazionale, se così non fosse non avreste letto tutte le cazzate su Guardiola di questi giorni. Messina, oggi, cita la storia alla ricerca di un’identità perduta e che lascia spiazzati. “Il mio Messina”, “il tuo Messina”, “il loro”, “quelli”, insomma c’è sempre qualcun altro da odiare; la realtà racconta di un pallone che rotola da un centinaio di anni preso a calci da troppe anime differenti. La cronistoria dei Messina non importa a nessuno: i contemporanei sono tutti consapevoli dei fatti, dei passaggi e dei personaggi. La storia non esiste: chiedere a Napoli e Fiorentina se quelle attuali sono le stesse società di Maradona o Batistuta; tra Avellino, Bari e Modena passa l’attualità e la ricostruzione di una vergine identità. Messina tifa per la società degli Sciotto, non ancora seppellito quello di Proto/Stracuzzi ereditato da Lo Monaco che passava da strani predecessori fino ai Franza, quelli dell’FC Messina, che altri non era che la Peloro di Aliotta, la stessa squadra invisa e insultata prima del decesso sportivo dell’As Messina, poi idolatrata per le sue scalate con l’emozione dello scavino di Zampagna con la Roma o della vittoria di San Siro, fino alla rete di Rafael che mi spostò di cinque file in avanti per l’esultanza in una folle Curva Nord. Confusione? No, perché ricordate tutto, tutti.
CACCIA ALLE STREGHE – La piccola Alice si svegliò interrompendo un sogno che spesso diventava incubo. Nel Paese delle Meraviglie una regina un po’ maligna voleva tagliarle la testa, ma destarsi dal pisolino la riportò alla realtà. Il calcio messinese non può svegliarsi, solo capire in quale pagina di questo strano racconto si trova e cercare di ripartire. La compattezza non sarà mai citata da queste pagine, almeno da parte di chi vi scrive il messaggio è chiaro: “Tifate per chi vi pare”, in tutta onestà importa pochissimo. Una città come Messina fatica a far convivere due realtà calcistiche, anche se il cammino che ha fatto incrociare le due strade è più figlio di un fallimento di quella che doveva essere l’ammiraglia del pallone giallorosso. Realtà come CdM o Camaro trovavano la loro essenza nel lavoro sul territorio, doveva essere l’Acr (già dai tempi di Lo Monaco almeno) a non finire più in quarta serie. Il pasticcio è servito e sembra avere un pessimo sapore: il disastro sciottiano è noto, il loro oltranzismo a non cedere una società da loro messa in vendita li ha resi ancora più intollerabili agli occhi della tifoseria, quella stessa che oggi però si spacca davanti a due realtà così lontane, forse anche dalla loro stessa idea di tifo. Il passaggio a Rocco Arena del CdM lo trasformerà in qualcosa di nuovo, se questo verrà accolto da tutti non è dato sapersi. Il vero peccato resta quello firmato Sciotto: il suo Acr non avrebbe avuto problemi a radicarsi nel tifo, la ripartenza da zero aiutava, i due campionati senza anima hanno seppellito l’amore, che adesso ritrova vigoria solo per rabbia. Accettabile l’ostilità dei puri, quelli che davvero trovano un filo di continuità nel tifare Acr come se fosse sempre quel Messina della prima e della seconda Serie A, consapevoli che già quei due non erano neanche lontani parenti. Poi ci sono i ronzii, i cacciatori di streghe da social network che per dire una stronzata in più venderebbero l’anima, tanto il tifo e la dignità l’hanno già venduta rincorrendo un ruolo da megafoni o strilloni per società che puzzavano di morto sin dal loro insediamento. L’argomento resta delicato: il Messina qual è? La risposta è ovvia, inutile dirla, perché resta pacifico che se Sciotto dovesse proseguire (probabilmente non da solo, come anticipato dagli ottimi colleghi di Messina nel pallone) sarebbe l’Acr la squadra dell’immaginifico filo storico, nonostante errori e mala gestione. Questo, però, non escluderebbe la volontà di tanti che potrebbero voler abbandonare la macchina mal condotta e sperare nel nuovo Fc Messina; una guerra che questa città non avrebbe dovuto intraprendere. Forse non ci sarà neanche una battaglia, dato che Sciotto potrebbe anche sventolare bandiera bianca nei confronti della realtà tifosa, ormai, respingente se non forse per alcuni innocenti innamorati e qualche sacrilego connivente.