Messina-CdM, inno alla bruttezza

Pubblicato il 17 Marzo 2019 in Primo Piano

Un brutto pomeriggio. Basterebbe questo per riassumere la stracittadina tra Messina e Città di Messina. Gli ospiti decidono di non giocare, come se la loro classifica gli desse opzioni diverse dal tentare di vincere: il CdM vuole solo il pari, nonostante un Messina che si spegne piano piano fino a non essere mai pericoloso.

ALLENARE, CHE FATICA – La squadra di Oberdan Biagioni (voto 5) non trova mai il modo di abbattere il muro degli avversari, troppo condizionata da personalismi che non arrivano con la puntualità vista nelle scorse settimane. Il CdM specula, sceglie un calcio ostruzionistico fatto di lunghe chiacchierate e uomini a terra, pochezze tipiche di chi cerca punti sotto ogni filo d’erba; motivi che però non giustificano il mancato cambiamento di ritmo del Messina. Non si accende Cocimano, non viene coinvolto Marzullo e il solo Catalano predica, spesso, nel deserto. Arcidiacono gioca la sua onesta partita, il massimo visti gli acciacchi che lo accompagnano, ma troppo poco per la posta in palio. Di tattico c’è poco: il CdM si difende a 5 senza possibilità di smentita, non coinvolge mai la sua punta centrale e concede alla mediana una giornata di anonimato. Il peccato del Messina è, però, mortale: Biagioni (più attivo al momento di farsi cacciare) resta immobile, non stravolge mai suoi come se non ci fosse nessun modo per pungere una difesa, spesso, colabrodo come quella di Viola. Addio sogni di gloria: non quelli di rimontare sulla zona playoff, dove tra poco potrebbe iniziare il campionato di quelle che non vincono più, ma quelli di imporsi in una sfida che doveva ricreare entusiasmo. Il San Filippo battezza l’evento, tanto che le presenze tornano a superare il migliaio, col pizzico di rivalità a fare il resto. Niente, il Messina si tradisce ancora. Gioca una gara già vista tra novembre e dicembre, quando in riva allo Stretto non avevano sofferto più di tanto formazioni di livello mediocre come Roccella e Rotonda. Un peccato, con la speranza che sia una parentesi dovuta alla domenica catenacciara decisa da Viola. La salvezza non è lontana, probabilmente raggiungibile con un paio di settimane di lavoro intenso; da cancellare c’è il mancato salto di qualità, quello buono per l’entusiasmo più che per la classifica.

Meo sv: pomeriggio da spettatore, il CdM non si permette di disturbarlo.

Biondi 5: contro un avversario passivo e chiuso sarebbe servita una spinta continua e incisiva. (dal 25′ s.t. Dascoli 5: non cambia ritmo rispetto al compagno)

Zappalà 6: ordinaria amministrazione senza troppa fatica.

Ferrante 6: come il compagno di reparto, sfortunato in zona gol.

Aldrovandi 5: come per Biondi manca, totalmente, la fase di spinta. Quando ci prova è altamente impreciso.

Traditi 6: gestione e poco più, strappa la sufficienza per l’impegno.

Bossa 5,5: ci si aspetta sempre qualche giocata di qualità da un giocatore come lui, troppo intermittente. (dal 30′ s.t. Selvaggio 5,5: prova a dare vigoria, ne ha poca)

Catalano 6: l’unico sempre sul pezzo per voglia, anche lui pecca in imprecisione in alcune giocate un po’ forzate.

Cocimano 5,5: troppi chiaro-scuro in una partita che andava sbloccata anche con qualcosa di inaspettato.

Arcidiacono 5,5: corre e ci prova in tutti i modi, la condizione non lo aiuta quando arriva fiacco alle conclusioni.

Marzullo 5,5: il secondo tempo è acceso dal suo guizzo, troppo poco anche se spesso è servito male dai compagni. (dal 29′ s.t. Tedesco 5: una marea di errori, troppo leggero per il livello)

CDM Paterniti 6,5; Bellopede 6, Berra 6, Bombara 6,5; Fofana 5,5, Costa 5, Calcagno 5, Lorefice 5 (dal 22’ s.t. Ferraù 5,5), Fragapane 5,5; Galesio 5, Di Vincenzo 5 (dal 39’ s.t. Santoro sv). All. Viola 4

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