Messina: orrore amico, errore mio

Pubblicato il 14 Ottobre 2019 in Primo Piano

Altro giro, altra sconfitta. Il Messina cade a Cittanova tra le polemiche di una rete, probabilmente, irregolare ma con l’amara realtà di una squadra – ancora una volta – incapace di dominare campo e avversario. Pasquale Rando naviga tra le onde di una rosa nata e pensata in maniera errata.

APPESI AI GIOVANI – Sul banco degli imputati c’è, ormai da settimane, il direttore sportivo Obbedio: l’ex Lucchese arrivato a Messina con gli onori che spettano a un ex così glorioso, è oggi l’obiettivo principale della critica in salsa giallorossa. La costruzione della rosa non è stata casuale; tutt’altro, perché nella testa di Obbedio le idee erano precise: la squadra da affidare a Cazzarò doveva essere fisica e esperta, dotata di tecnica ma soprattutto pregna di quella capacità, tipica delle squadre di vertice, di portare a casa il risultato in maniera decisa più che spettacolare. Un fallimento oltre ogni giustificazione: quando il nome del ds era solo un rumors di mercato provare a porre qualche dubbio veniva visto come una lesa maestà, cercare di analizzare l’evoluzione della rosa non era concesso, pena l’essere disfattisti o peggio (considerazione tipica di chi confonde il nostro lavoro con l’opinione al bar tra un caffè e un amaro quando ancora non è scoccata la metà mattina). Oggi tutti incattiviti, coda tra le gambe e critica spicciola (e dalla corta memoria) da affidare a ignobili fogne social (foraggiate e incoraggiate). Il Messina degli Sciotto – meno colpevoli degli altri anni – è l’ennesimo fallimento e non sarà la prossima partita a cambiare il giudizio; esagerando non sarà neanche un filotto di vittorie a farlo. Il perché è semplice: i campionati si vincono prima di cominciarli. A ottobre inoltrato ci si inginocchia davanti al dio del calcio, si implora la salvezza dall’ennesima figuraccia e lo si maledice per un gol subito in fuorigioco. Ma se giochi in Serie D avrai terne arbitrali di Serie D, come allo stesso modo avrai (e hai) attaccanti incapaci di arrivare alla doppia cifra nelle conclusioni verso la porta avversaria dopo un terzo di girone. Battere i pugni contro un palazzo fa male ai polsi, oltre a non servire (e mai è servito nella storia) veramente a nulla. La cosa più triste di Cittanova è stata quella di affidare il cambio di passo della squadra a Saverino, classe 2001 ma unico in grado di mettere voglia e cattiveria agonistica in campo. Lui e Orlando, a sprazzi De Meio e, più spesso, Avella sono gli unici sorrisi di questo inizio di stagione con due sole vittorie e quattro sconfitte sul campo (QUATTRO).

CHILOMETRATI – Porre qualche dubbio su Obbedio non era lecito, peggio era farlo sui calciatori: figurine lise sull’album del calcio italiano, giocatori che non avevano passato la revisione del tempo a cui è stata affidata – in maniera scellerata – la responsabilità di rilanciare una società in apnea per due anni. Non era possibile dirlo, perché la nebbia aveva avvolto le menti e un paio di curricula impolverati valevano più della realtà contemporanea. Le idee di Obbedio prendevano forma, si concretizzavano in maniera interessante, poi il declino fino a un susseguirsi di scelte ben oltre la soglia del discutibile. Piace il Coralli che a Cittanova parla fuori dai denti e si prende le responsabilità; una consapevolezza da professionista forse resosi conto che il campo non risponde più come una volta. Lui e Siclari si prenderanno la croce delle critiche, come giusto che sia; lo faranno per esperienza e spessore. Perché oggi non si può puntare il dito solo contro chi li ha portati, in campo vanno quelli coi calzoncini corti e tocca a loro anche quando c’è da raccogliere qualche palata di melma. Cazzarò è tornato a Taranto portandosi dietro tutte le scusanti – ridicole e infantili – delle prime settimane. Pasquale Rando non è un mago, mette passione e ordine in quello che propone ma è il primo consapevole del materiale con cui lavora. Il suo 4-3-3 è improponibile sul lungo periodo: Crucitti si perde, Orlando è un ragazzino, Coralli vuole solo finalizzare ma la condizione non migliora mai. Esposito in due spezzoni ha mostrato più di tutti i compagni di reparto in due mesi: ecco la differenza tra chi ha fame e chi è sazio; e no, l’anagrafe non c’entra.

TRENO O AEREO – Per lasciare Messina, spesso, c’è bisogno del traghetto come mezzo intermedio per raggiungere treni o aerei. Anche Catania resta piattaforma utile; le indicazioni le si può trovare anche con un semplice clic su Google Maps. Il tempo degli addii, purtroppo, è ancora lontano ma le settimane scorrono veloci: la speranza è quella che non siano scandite da sole delusioni, importante però comprendere che insistere su questa rosa sarebbe sbagliato anche in caso di successi a ripetizione. Perché? Perché sì, perché il campo è stato chiaro e la scusa che Saffioti (preparatore atletico) sia troppo duro e cattivo rimane deboluccia. Pasquale Rando troverà la quadra e, da lavoratore serio, incamererà punti utili. Il suo sacrificio, però, andrà ripagato donandogli una nuova squadra più vicina alle sue idee di calcio e più matura (e l’età non c’entra) dal punto di vista calcistico e tecnico-tattico. Da agosto a oggi la lista dei desaparecidos è lunga: Forte e Giordano arrivavano come fiori all’occhiello, se gioca Ungaro (arrivato a stagione quasi iniziata) tutti dovrebbero farsi più di una domanda. Ott Vale non potrà godere di credito infinito per un colpo di testa a Ragusa, di Coralli e Siclari abbiamo detto e sarebbe inutile insistere, un po’ come si sta facendo sul campo.

NOTE A MARGINE – Obbedio, nei giorni dell’addio a Cazzarò, per giustificare una barca in affondamento tirava fuori le storie sulla difficoltà di convincere i calciatori a venire a Messina. Bella scusa, stupenda, ma valida per i quattro rincoglioniti buoni a rimangiarsi gli improperi sparati sulla famiglia Sciotto quando si collezionavano sentenze post vertenze dei tesserati transitati in riva allo Stretto. Chi è causa del suo mal… Adesso la retorica vuole che tutti si remi dalla stessa parte, ma come detto (da chi vi scrive) a un alto dirigente dell’Acr Messina il giorno della presentazione dello staff dirigenziale: “Non siamo noi a scendere in campo o prendere decisioni”; come non lo sono i tifosi (meravigliosi senza nessuna retorica perché la Serie D non è mai uno spettacolo, neanche quando si vince. Questo è amore) che erano presenti a Cittanova come a Ragusa, che ci credono e crederanno ancora e ci saranno anche tra due settimane a Licata, magari spinti dal ritrovato entusiasmo dopo la vittoria (si spera) contro il Roccella domenica prossima. La luna di miele – non per chi non l’ha mai vissuta – è finita: il tempo delle cazzate è passato, come quello di far passare per fazioso o in malafede chi suonava una campanella d’allarme. Il vero amico è quello che ti dice le cose in faccia, anche quando fanno male. Leccaculo, elemosinanti della notizia e tuttobenisti sono i maggiori responsabili di questo inizio (più di Sciotto, Obbedio, Cazzarò, Rando e squadra), ancora una volta, non degno di una città che vorrebbe (ma chissà se merita davvero) altre categorie con cui confrontarsi.

*foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale dell’Acr Messina

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