Cosenza-Messina, l’ultima stazione

Pubblicato il 12 Dicembre 2016 in Primo Piano

“L’anima non basta più, questa maglia non è per tutti”. Cristiano Lucarelli gioca a carte scoperte, il benservito al gruppo giunge adesso direttamente dalla guida tecnica. Ultimo passaggio, decisivo, per quella che sarà una vera e propria rivoluzione nel prossimo mese di gennaio. La lista di nomi che Lucarelli avrebbe compilato potrebbe non bastare: se si pensa che siano gli addii di Lazar o Rafati a cambiare il destino dei giallorossi allora si è ancora lontani dalla corretta visione della realtà. Cosenza lascia tanti interrogativi e troppe recriminazioni: il Messina percepito è diverso da quello sceso in campo. La partita del Marulla è semplicemente mediocre dal punto di vista tecnico, animata da due squadre che per motivi opposti non riescono a mostrare un calcio dettato da idee, ma lasciato all’inerzia della giocata individuale. Il Cosenza è passato da macchina di cinismo a squadra lunatica, lo zero nella casella dei pareggi interni ne è la dimostrazione più lampante. Il Messina è ordinato al limite della sufficienza, per larga parte scolastico e con i soliti limiti dettati dalla totale assenza di un sistema offensivo letale. Puntare il dito sulla questione tecnica o tattica, però, sarebbe oggi errato dal punto di vista oggettivo, senza la sciagurata irruenza di Pozzebon staremmo raccontando di un classico pareggio tra squadre che non vogliono perdere. Lucarelli è un fine comunicatore fuori dal campo, dopo aver mosso le proprie rimostranze verso stampa e ambiente adesso passa alla rosa. Dopo averci provato per settimane, il tecnico livornese ha compreso come non sia più tempo di giustificazioni per un gruppo che rischia di farlo affondare oltre i propri demeriti. Peccato che questo gruppo di calciatori non si sia presentato a Messina occupando con la forza il San Filippo. Chi ha costruito una squadra con così poca personalità deve prendersi le responsabilità principali. Chiaro che sia la società a dover trovare il tampone a questa emorragia. Addio o forte investimento: non ci sono strade alternative, il passaggio nevralgico rimane quello dello stravolgimento dei protagonisti da far scendere in campo.

milinkovicTERRORE – Quello che era un semplice sospetto è diventato, pian piano, un fatto conclamato: questa squadra vive col terrore di sbagliare. Milinkovic gioca con il peso di dover essere decisivo, il franco-serbo avrebbe le qualità tecniche potenziali per spaccare in due tutta la Lega Pro, tra il dire ed il fare c’è di mezzo un mare di personalità assente. Quando tira dovrebbe passare e viceversa, probabilmente perché al momento di scegliere la strada più semplice è anche quella sbagliata. Il terrore non è semplice da eliminare, accompagna le sue prestazioni come quelle di un Musacci che preferisce alleggerire un pallone in curva che rischiare un destro prepotente verso la porta. Il capitano del Messina non ha mai brillato, un po’ di lavoro sporco e qualche imbucata non fanno di lui un elemento insostituibile. Questi sono due esempi, due casi limiti se preferite, ma che bastano per descrivere il momento di una rosa che paga un distacco di punti da quasi tutti gli avversari. Una squadra che pesata per storie personali e capacità è stata brava ad illudere: rimane comunque più facile sommare calciatori che formare gruppi, quello giallorosso non lo è dal punto di vista dell’armonia calcistica. La totale assenza di leadership diventa sempre più un peso insostenibile, sopratutto dalle fintamente solide spalle di un calciatore come Demiro Pozzebon. Il centravanti giallorosso è finito sul banco degli imputati per fattori calcistici e non, con il peccato mortale del derby di Reggio Calabria mai cancellato che va sommato ad altre uscite poco gradite al tifo. L’impegno sul campo non va confuso con gli errori: a Cosenza è Pozzebon ad essere decisivo al contrario, fino a quel momento era stato il più cattivo agonisticamente. Tanti, forse tutti, in questo gruppo ci provano e si sacrificano oltre i propri limiti, il calcio però rimane cinicamente spietato.

stracuzzi

FUTURO – Cristiano Lucarelli esordisce in Coppa Italia, neanche il tempo di farlo in campionato che è pronto a gettare nella mischia il neo arrivato Grifoni. Passano un paio di mesi e la storia si ripete: Riccardo Nardini firma, svolge mezzo allenamento ed è titolare a Cosenza. Due indizi che fanno una prova di condanna definitiva, quella che Lucarelli urla al suo gruppo non con le semplici parole ma con le scelte. Quando il primo a bocciare è il tecnico, allora, il dibattito non dovrebbe neanche svolgersi. Diventano inutili le nostre analisi, quelle del tifoso appassionato o della proprietà perché nessuno più di un allenatore conosce il valore generale di un calciatore, o gruppo di calciatori. Il 2017 è vicinissimo temporalmente, lontano tre partite dal punto di vista della stagione: Vibonese, Siracusa e Reggina saranno tre banchi di prova che il furbo Lucarelli concederà alla squadra, almeno con le parole usate nella conferenza pre-trasferta in Calabria. La famosa lista dei partenti è aperta a modifiche, uno stimolo che dovrà essere colto da chi in riva allo Stretto vorrà rimanere anche con il nuovo anno. Probabile che il tecnico le sue condanne le abbia già scritte e motivate, non saranno un paio di sgroppate in uno scontro diretto a fargli cambiare idea, ma lasciare un piccolo lumicino è stata la mossa per non scendere da vittima sacrificale sul campo da gioco. La convinzione con la quale Lucarelli si applica è l’unica speranza rimasta, soprattutto se connessa al silenzio assordante della proprietà. Il suo attivismo deve essere legato ad un colpo di coda societario, perché pur essendo un leader carismatico non potrà guidare da solo una rivoluzione. Il presidente Stracuzzi passi in rassegna gli avvenimenti con la giusta severità; a quel punto decida che strada far imboccare alla sua creatura. Il cammino lo ha trasformato da eroe a principale imputato come nel più banale dei contrappassi calcistici, adesso è arrivato il tempo di scegliere quale cammino intraprendere. Nella speranza che non sia quello diretto al precipizio.

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