Messina, libera nos Domine

Pubblicato il 26 Aprile 2019 in Primo Piano

Dai poveri di spirito e dagli intolleranti, da falsi intellettuali, giornalisti ignoranti, da eroi, navigatori, profeti, vati, santi, dai sicuri di sé, presuntuosi e arroganti, dal cinismo di molti, dalle voglie di tanti, dall’egoismo sdrucciolo che abbiamo tutti quanti, libera, libera, libera, libera nos Domine!

L’INCERTEZZA – Così cantava Francesco Guccini nel 1978, canzone contro la guerra o così ricordata; parole e musica buone per prendere spunto e analizzare lo strano paradosso Messina. Società senza arte né parte, scarna di risultati e che, classifiche alla mano, non ha regalato nulla in due anni di gestione. Il passo indietro della famiglia Sciotto era stato firmato dagli stessi concessionari, con Pietro messosi da parte per lasciare spazio al figlio Paolo e al suo consiglio di amministrazione. “Traghettamento”: questo il termine usato e mai smentito, la sensazione che la voglia di mollare il colpo col calcio messinese fosse concreta. Il sopravvento, però, sembra averlo preso la voglia di apparire nonostante tutto, mista alla rivalsa di chi non vuole arrendersi. Paolo Sciotto ha strappato sorrisi quando ha parlato di fair-play finanziario, lasciato a bocca aperta nel tentativo di far credere che possa esistere un “brand Messina”, forse inconsapevole che una società di Serie D che lotta per evitare i playout non abbia alcun brand spendibile, se non il nostalgico nome. Gli incontri istituzionali col sindaco De Luca, poi, sembravano i prodromi per un addio morbido e garantito da un’amministrazione che, contemporaneamente, cercava nuove strade grazie alla stesura del bando per la concessione degli stadi. Forse la possibilità di gestire un’area tanto vasta, forse anche quella di super valutare la società, ma quello che traspare adesso da casa Sciotto è la voglia di non cedere, anzi di allontanare con modi bruschi gli interessati. Rocco Arena si è palesato prima allo stadio e poi attraverso la stampa, infine il suo incontro col sindaco a sancire la totale distanza con una trattativa diretta. Giusto o sbagliato? In realtà la figura del sindaco è stata messa in mezzo dagli Sciotto per primi, per cui diventa poco probabile sorprendersi.

NESSUNA TRATTATIVA – Paolo Sciotto cerca spazio per dire la sua, corretta strategia anche se ogni qualvolta apre bocca viene fuori un fiume avvelenato teso a respingere. Nessun obbligo, sia chiaro, per la famiglia Sciotto di ascoltare interlocutori a loro non graditi; ovvio però che quel “traghettare” cozzi con un comportamento che prova a chiudere la strada a eventuali interessati. Non sembra, infatti, possibile con queste premesse una trattativa tra le parti, come se fosse più vicino l’annuncio di un rilancio ufficiale in salsa sciottiana che una cessione della proprietà. Con estremo stupore, però, si leggono strali contro gli interessati: un tentativo di minare la credibilità altrui, come se l’unica strada per un rifiuto sia quella di rendere poco attrattiva l’alternativa. Strategia paradossale, un po’ come dire “noi non saremo granché, ma gli altri…”; questa città però non sembra volersi accontentare, preferendo anni da orfani del pallone che da mediocri della quarta serie. In più, e Paolo Sciotto dovrà concederlo, diventa complicato minare la solidità e credibilità altrui nei giorni in cui si colleziona l’ennesima vertenza per emolumenti non corrisposti. Pubblicità fortemente negativa, soprattutto in un momento storico in cui le porte della Serie C si apriranno anche a società virtuose per evitare gli scempi Pro Piacenza e Matera; errori per cui nessun vertice federale ha pagato, anzi.

IL PROGETTO POSSIBILE – Giocare a carte scoperte e senza mezze frasi ci pare opportuno. Pensare alle coincidenze diventa risibile, appare quindi ovvio che l’avvicinamento di Arena (e di chi potrebbe farlo successivamente) al Messina sia dovuto anche, e non solo, alla stesura del bando per l’affidamento del San Filippo e soprattutto delle aree limitrofe. La concessione nascente, infatti, è motivo di attrazione per gli imprenditori e grande chance per il Comune di far fruttare un’area non sfruttata. Nell’era social ci sono quelli che si dividono tra esperti di amministrazione pubblica e commercialisti. Strano mondo quello del calcio, perso ormai in argomenti non legati al pallone, come se davvero chi ha passione per il gioco sapesse realmente cosa significhino parole come: fatturato, utile, ricavi e bilancio. Non una sottovalutazione della media, ma la reale percezione che non tutti possano davvero conoscere le materie economiche e che, spesso, si parli per frasi fatte ripetute a pappagallo. Il fatturato del proprietario X, tra l’altro, non è poi così importante: la famiglia Sciotto non ha limiti di spesa tali da giustificare i fallimenti sportivi, questi nascono da errori e incapacità gestionale della materia calcio. Non una banale questione di soldi, o meglio di possibilità di spesa. Il proprietario X, infatti, non deve più essere visto come un bancomat: “Serve 100? Spendo 200 per farvi contenti”; questo calcio è morto, o forse non è mai esistito. Un progetto vincente parte da una base di finanziamento mirato, una strategia che tende all’autofinanziamento tra le varie attività collegate. Discorso difficile? No, chiaro; perché se parliamo di bando e aree dobbiamo iniziare a pensare da società poli-funzionale (termine che prendiamo in prestito). Se attorno allo Juventus Stadium sono fiorite attività commerciali che condizionano positivamente il fatturato (la parola che amate), diventa ovvio pensare che, in piccolo, il proprietario X del Messina metta sul piatto un investimento iniziale di alta consistenza che punti alla realizzazione di un indotto economico che tornerà utile nella gestione della società di calcio.

LIBERI – Un progetto a lunga scadenza insomma, non nei tempi sportivi che rientrano nello sviluppo, ma nella gestione virtuosa e finanziariamente non rischiosa. Difficile forse accettare i primi passi (sia chiaro che il discorso è generale e non riferito a Rocco Arena), ma il legame profondo tra parte sportiva e sviluppo economico non andrà mai scisso. L’investimento iniziale sarà quello per l’asta di concessione dell’area (al netto di aver acquisito l’Acr Messina a una cifra consona e non iper valutata); dopodiché andrà messo sul piatto il progetto di riqualificazione e sviluppo dell’area, con gli asterischi del Pala San Filippo e del Giovanni Celeste che potrebbero, comunque, interessare in una visione più ampia di polisportiva (ma questa è un’utopia, forse). Un maxi-investimento totale che riguarderà in primis la città di Messina, e come correlato il Messina che rientrerebbe in un processo di finanziamento direttamente collegato all’indotto. Esempio pratico: nell’area in concessione potrebbero sorgere attività commerciali di vario genere, un complesso dai ricavi tali da coprire le spese necessarie e ambiziose della squadra di calcio. Sogno irrealizzabile? No, anzi, è questa la strada più logica per rendere credibile un processo di sviluppo e per giustificare il bando di concessione del San Filippo e delle aree limitrofe. Una strada, un percorso possibile, un tentativo per essere finalmente liberi di sognare qualcosa di più di una salvezza contro la Sancataldese.

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