Messina-Fidelis Andria, un’analisi approfondita

Pubblicato il 20 Febbraio 2023 in Primo Piano

Imperdonabile. Un pareggio dal sapore di sconfitta, dal gusto amarissimo che racconta quanto il Messina sia ancora lontanissimo dall’obiettivo salvezza. L’illusione di avercela fatta solo grazie al ritorno di Raciti e un mercato da grande è già finita. Fondamentale mutare l’attendismo in aggressività.

VOLONTÀ DI POTERE – L’avversario conta. Nel bene e nel male, perché quando i giallorossi sono stati capaci di strappare un punto al rullo compressore Catanzaro le lodi maggiori sono arrivate proprio per la forza incontrastabile dell’avversario. Concetto che deve valere al contrario, così pareggiare – tirando una sola volta verso la porta – contro l’ultima in classifica non è accettabile. Fidelis Andria pochissima roba, quasi rassegnata alla retrocessione e venuta in Sicilia per non perdere. Messina attendista, iper tattico e complicato nelle scelte. Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Lo dicono le leggi della fisica, quelle della vita e che vanno bene anche per il calcio. Il Messina visto contro la Virtus Francavilla o l’Avellino non serve più, non ha più neanche gli uomini per fare quel tipo di gioco. No, il Messina di oggi è squadra con troppa qualità per restare solo compatto, giocare sul regista avversario e sperare di innescare gli esterni in velocità. Lo dice il linguaggio del corpo degli attaccanti giallorossi che racconta come il sacrificio duro e puro sia finito. Raciti (voto 4,5) parte male già dal sabato quando insiste sulla “partita sporca”, non tanto perché non sia plausibile come aspettativa, ma perché sembra rassegnarsi e adeguarsi a essa. Sì, il Messina resta squadra troppo attenta a quello che faranno gli altri, a quali armi potrebbero sfruttare e vuole scatenare i propri punti di forza come reazione e non come azione. Il campo sta dicendo altro, soprattutto per un ritmo di gioco narcotizzante. Già visto col Cerignola, ma anche in casa del Giugliano. Idem nella sfida con la Gelbison, tanto che lo sblocco arrivava solo su palla inattiva. Seguito, però, dal ritorno a un ritmo lento e che non era semplice gestione visto il pari campano quasi immediato. Raciti analizza e spiega che se l’avversario si compatta, chiude e abbassa non ci siano gli spazi per alzare il ritmo, l’intensità. Verissimo, ma l’avversario non comanda e non deve sempre incidere sulla tua volontà. Il Messina parte lento, favorisce l’atteggiamento serrato, in questo caso della Fidelis Andria, e andarli a stanare diventa impossibile. Non perché siano chiusi, ma perché le armi di questa squadra hanno perso di imprevedibilità. L’infortunio grave di Catania peserà come un macigno, perché il numero 20 era l’unico in grado di cambiare passo, di creare superiorità. Il Messina ha qualità, ma è prevedibile. Kragl e Ragusa vanno – e vogliono essere – serviti sui piedi. Hanno le capacità per sparigliare, ma devono essere messi in condizione di farlo. Condizioni che non arrivano, perché sul lungo faticano e il possesso è lentissimo. Quando Ragusa riceve ha un uomo addosso – che, tra l’altro, non ha paura di picchiare – e un altro pronto a raddoppiare. Non si può vivere di solo contropiede per avere spazi, a volte l’avversario devi costringerlo a muoversi con altre armi. Tattiche e personali, così la presenza di Marino stranisce e non convince. Ci arriviamo. Altra assenza – che sarà più breve – quella di Balde: il ruolo cucitogli addosso è perfetto per lui che, poi, ci ha messo del suo con un’interpretazione quasi perfetta. Balde è un attaccante, per questo il suo primo sguardo è sempre verso la porta avversaria. Marino è altro giocatore, la sua presenza svuota l’attacco e diventa utile solo per marcare Arrigoni. Brutto messaggio, perché l’avversario va sempre rispettato ma non bisogna mai eccedere. Questa Fidelis non è insidiosa, non ha la qualità per esserlo e lasciare Arrigoni senza marcatura dedicata non avrebbe mutato gli equilibri. Avrebbe predicato nel deserto. In più, mettere un giocatore offensivamente pericoloso avrebbe, magari, preoccupato lo stesso Arrigoni in fase di non possesso. Il Messina inverte il rapporto di forza e trasforma una pedina in un pericolo.

SBAGLIARE E RICOMINCIARE – Il quadro generale è abbastanza chiaro, quello del particolare lo si intuisce dalle prime battute. Non c’è quella aggressione attesa, non c’è uno schiacciamento dell’avversario che, anzi, trova pure spazio per calciare in porta e non solo in contropiede. Il primo tempo del Messina è avvilente per quanto sia palese che non sarà mai pericoloso. Si protesta anche, ma come ci sono i calciatori di Serie C ci sono gli arbitri di Serie C. Il fuorigioco di Curiale è troppo difficile da intuire dalle immagini, figurarsi dal vivo. La spinta di Borg pare esserci, ma l’intensità reale rimane nel giudizio dell’arbitro – tanto che non sarebbe un intervento da poter valutare col VAR – e si gioca. Scaricare tutto sugli episodi serve a poco. Non farebbe altro che spostare l’attenzione e archiviare la sfida con l’Andria come casuale. Invece no, perché questi sono sintomi da rispettare e non dimenticare. Raciti sceglie Marino dove serviva un giocatore d’offesa, poi Curiale per sfruttarne capacità di corto-lungo. L’ex Vibonese gioca una partita applicata, ma sulla sua prestazione pesa l’errore. Strano, ma alla fine i 96′ giocati possono essere riassunti nei due orrori sotto porta. Abbiamo descritto le modalità che hanno portato a una prestazione insufficiente, ma nella stessa si aprono due parentesi e se quella che porta all’occasione di Perez arriva per un errore di un difensore avversario, quella di Curiale è figlia della prima – e forse unica – azione palla a terra in velocità. Insomma, le maglie della Fidelis Andria potevano essere aperte martellando con tecnica in velocità e non solo con scarichi banali sui due esterni. L’errore di Curiale è clamoroso, anche inspiegabile perché sarebbe bastato far battere il pallone sul piede senza indirizzare. Capita, perché è capitato. Peserà, inutile nasconderlo e – pur empatizzando con un ragazzo a cui non sembra andarne bene una – il suo lavoro è giocare a calcio ed essere giudicato anche in maniera perentoria fa parte del mestiere. Sbaglia anche Perez che, come detto, viene lanciato da un buco difensivo e mostra tutta la paura di non fare gol. Sì, perché queste settimane in cui la rete non è arrivata pesano sulla testa e la conseguenza è il terrore di sbagliare che fa sbagliare. Due facce della stessa medaglia, due calciatori che devono resettare e ripartire. Sono loro gli attaccanti del Messina, saranno loro a dover trovare le reti pesanti per la salvezza.

LA MAPPA DEL GOL – Sono 12 le marcature realizzate dal Messina nelle 8 gare a guida Raciti. Numeri importanti, visto che nella gestione precedenti i gol erano stati 14 in 20 partite, e solo due volte – Cerignola e Fidelis Andria – i giallorossi non sono riusciti ad andare in rete. Di questi 12 gol ben 7 sono stati realizzati in trasferta, a fronte dell’unico – quello di Catania ad Avellino – del girone d’andata. Insomma, un cambio di tendenza nettissimo. Come sono arrivate, però, queste reti? Ecco, la mappa del gol ci aiuta a capire il gioco. Sì, perché in campo nulla nasce per caso e credere che sia sempre tutto frutto di episodi resta superficiale. Queste 12 reti sono equamente suddivise in gol da dentro l’area e gol da fuori area: sono 6 le realizzazioni all’interno dei 16 metri e 6 quelle arrivate dalla distanza. Non sempre siderale, perché almeno un paio sono frutto di calci dal limite. Entriamo nel dettaglio partendo dalle reti segnate in area di rigore: il mattatore è Balde che di queste 6 reti ne ha realizzate 4 (Avellino con una doppietta, Catanzaro e Giugliano), le altre due sono firmate da Catania e Marino nella trasferta vittoriosa di Viterbo. Vediamo come sono arrivate queste reti: contro l’Avellino il primo gol di Balde arriva grazie a una forte pressione sul portatore avversario, palla rubata e Perez imbuca per il numero 10 che calcia forte e trova il tocco velenoso per Marcone di Casarini. La seconda, invece, arriva sugli sviluppi di un corner. A Viterbo apre Catania che che scappa in verticale e approfitta di un buco di Riggio, entra in area e batte Bisogno. Diversa quella di Marino: un gol che – come vedremo – somiglia ad altri perché il Messina sfonda lateralmente, poi Zuppel apparecchia e Marino calcia. Un gol che abbiamo rivisto e torniamo a Balde: col Catanzaro il Messina recupera palla, la muove e imbuca l’esterno (Konate nel caso) che attacca senza lo spazio senza palla, cross e Balde appoggia. Ad Avellino contro il Giugliano l’ultima firma di Balde: ancora Perez a dettare l’attacco della profondità, scarico per lo spagnolo che controlla e calcia. Sei reti che, al netto della seconda di Balde con l’Avellino e quella di Catania con la Viterbese, hanno il filo comune del movimento senza palla e dell’attacco dell’area col giocatore a rimorchio. Andiamo alle altre 6 reti, quelle da fuori area: Balde riceve una sponda di Curiale contro la Virtus Francavilla, avanza e scarica. Da lontano, ma c’è già l’idea della prima punta che lavora per la seconda. Arriva Kragl e cambia la dinamica: il tedesco vuole liberarsi e avere spazio. Il primo bacio arriva a Viterbo dove è bravo a rientrare per ricevere e calciare. Restiamo sul numero 69 e facciamo un salto in avanti ad Agropoli: schema da palla inattiva e sinistro volante e secco. Il secondo è il migliore dei tre perché c’è un’azione insistita – con una finta fantastica – prima del calcio. Le reti di Kragl sono meno “lavorate” – palla inattiva compresa perché nasce dal fatto che lui sappia calciare in quel modo – e più legate alle sue capacità. Le ultime due: salto indietro. Quella di Fofana contro la Virtus Francavilla somiglia a un lavoro già visto, perché Grillo sfonda a destra e mette in mezzo, il pallone resta vivo e Zuppel appoggia al capitano che calcia con precisione. L’esecuzione finale è figlia di un rimpallo su cui i giallorossi sono più vivi e attenti degli avversari, ma le modalità d’azione erano sempre quelle del lavoro martellante sulla corsia. Ultimo quello di Berto: fraseggio tecnico. Kragl, Fofana, Kragl e poi Berto che affonda e non ha paura di calciare con un sinistro dal limite che riprende il Giugliano. Dodici reti che vedono l’impronta tecnica di Kragl e quella maggiore dell’organizzazione di gioco per le altre 9. Nelle ultime uscite, invece, il Messina è diventato più prevedibile e troppo pigro nel voler ricevere sempre sui piedi. Gli avversari studiano e imparano, le loro contromisure sono evidenti e tocca a Raciti rinvertire l’inerzia a proprio favore. Non regge il discorso del “fino a un paio di settimane fa…”, perché il calcio è in continuo movimento e quello che funziona oggi non funziona domani perché l’avversario non ti aspetta. Pesano le assenze e pesano le nuove caratteristiche, per questo occorre trovare nuove soluzioni offensive. Questo Messina, infatti, non ha mai vissuto di semplici individualità. Lo dicono numeri e modalità di finalizzazione.

Fumagalli 6: bravo a deviare il sinistro velenoso di Micovschi, il resto è ordinaria amministrazione. Eccessivo il giallo per proteste.

Berto 6,5: tra i migliori per atteggiamento e qualità. Difende senza affanni, quando appoggia la manovra crea la grandissima occasione per Curiale e un’altra che Ragusa non riesce a sfruttare.

Trasciani 6: perfetto in anticipo e marcatura, ottime anche le uscite. La Fidelis è poca roba, ma lui non concede nulla.

Ferrara 6: copia e incolla del compagno di reparto, anche se non manca qualche difetto in fase di possesso.

Celesia 5,5: spinge poco e male, soffre parecchio la velocità di Micovschi. (dal 12′ s.t. Perez 5: l’occasione che capita sul suo destro è di quelle che non si devono sbagliare, lui fa vincere la paura sulla freddezza)

Fofana 5,5: impreciso e arruffone, quando le partite si ingolfano si perde nella voglia di strafare.

Mallamo 5,5: troppe giocate forzate non da lui, sembra voler fare da solo quando, invece, deve giocare per e con i compagni. (dal 30′ s.t. Ortisi 5,5: non riesce a dare la scossa, il suo ruolo è anche questo)

Kragl 6: buon primo tempo fatto di volontà e capacità di organizzare la manovra offensiva, si perde nella ripresa quando la squadra si allunga troppo.

Marino 5: nella sua partita ci sono troppe richieste tattiche, lui finisce per applicarsi ma sbagliare troppo in fase di possesso. In quel ruolo non è permesso. (dal 12′ s.t. Versienti 5,5: entra con la giusta vigoria, prova a creare superiorità ma non ci riesce quasi mai)

Ragusa 5,5: un guizzo nel primo tempo, troppi errori nel secondo. Una zolla, forse, lo tradisce ma da lui ci si aspetta la giocata decisiva. (dal 38′ s.t. Zuppel s.v.)

Curiale 4: pagella difficilissima. Gioca una buona partita per applicazione tattica, volontà e capacità di attaccare profondità e spazi. Una rete gli viene annullata e protesta per un tocco in area di Borg. Nulla di trascendentale, ma segnali che la giornata potrebbe essere quella giusta. L’occasione clamorosa che si divora, però, è di una gravità immane per il peso tecnico dell’errore e per il valore che lo stesso rischia di avere sulla stagione del Messina. (dal 30′ s.t. Fiorani 5,5: ci mette voglia, ma pecca in precisione in una fase di gara che richiedeva perfezione)

FIDELIS ANDRIA Savini 6,5; Finizio 5 (dal 1′ s.t. Delvino 5,5), Dalmazzi 6,5, De Franco 6, Borg 5,5; Candellori 5,5, Arrigoni 5,5, Costa Ferreira 5 (dal 18′ s.t. Salandria 5,5); Micovschi 6 (dal 45′ s.t. Pavone s.v.), Pastorini 5 (dal 18′ s.t. Ekuban 5), Bolsius 5,5 (dal 41′ s.t. Paolini s.v.). All. Trocini 5,5

*foto copertina: Acr Messina – sito ufficiale | ph. Francesco Saya

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