Messina, la follia del sistema

Pubblicato il 15 Marzo 2018 in Primo Piano

A che gioco stiamo giocando? Domanda non retorica e lecita. Il Messina di Giacomo Modica non vedrà rotolare il pallone sul campo neanche questo weekend, rinvio obbligato da un regolamento che regala pagine di stupidità mai viste. La Serie D rimane pastoso inferno di follie, gestione superficiale di professionalità e sviluppo arrestato al mero controllo dei documenti di identità. Giovani trattati come numeri, zero interesse verso il valore di chi scende in campo con la sola preoccupazione legata alla data di nascita. Questa massa di ragazzi imberbi porta alla logica formazione di una rappresentativa da spedire dritta verso il Torneo di Viareggio, vetrina non più luccicante ma sempre affascinante. Nella rincorsa alla coerenza, allora, diventa obbligatorio concedere il rinvio alle squadre che perdono ragazzi impegnati nel Torneo. Non importa il numero o la reale importanza all’interno della propria squadra: lo slittamento è automatico, come ovvia è l’insipienza di chi verga un regolamento simile. Il Palazzolo perde un ragazzino per un paio di settimane, nulla di drammatico e di irreparabile. Tanto basta per posticipare a data da destinarsi la sfida del San Filippo, Messina anche sfortunato visto che l’albanese Doda è l’unico calciatore del Girone I convocato.

LAVORO – Uomo meticoloso Giacomo Modica. Il lavoro settimanale classico va a farsi benedire dopo il rinvio della sfida col Palazzolo, si tornerà in campo solo il 25 marzo in casa dell’Igea Virtus. Tre settimane lontani dalle sfide ufficiali, una sosta lunghissima che aiuta soltanto qualche acciaccato ma toglie ritmo ad una squadra che aveva il vitale bisogno di scendere in campo dopo la sconfitta di Vibo. Il campionato dei giallorossi non è finito, il distacco dall’Ercolanese è praticamente incolmabile ma il peso della maglia costringe il gruppo a giocare le restanti otto sfide al massimo della serietà. C’è da migliorare una posizione di classifica non eccelsa, finire tra il sesto e il settimo posto è adesso quasi obbligatorio. Dall’impegno e dalle prestazioni degli ultimi due mesi di campionato si capirà il reale spessore professionale di molti, mollare oggi significherebbe buttare via le ottime cose fatte vedere in termini di gioco e applicazione. La base del domani nasce adesso, le conferme di Lamazza e Modica diventano il primo tassello per un Messina ambizioso. Tante le parole sprecate in queste settimane senza calcio, il futuro lo scriveranno accordi reali e garanzie sulle strategie. Pietro Sciotto è atteso da mesi complicati, forse i più difficili da quando è alla guida del Messina. La continuazione del rapporto di lavoro con lo staff tecnico passa dalle sue volontà, non solo economiche ma sopratutto di sviluppo societario. C’è poi da affrontare il capitolo più spinoso: il futuro.

FUTURO – Qualche settimana ancora, poi saranno chiare le volontà dei geni alla guida del calcio italiano. Il sistema incapace di eleggere una guida, commissariato in maniera umiliante nei suoi vertici e ancora senza un tecnico per la Nazionale maggiore. FIGC specchio limpido dell’organizzazione calcistica, a cascata non sono migliori le condizioni delle varie leghe. In Serie A l’unico interesse è quello legato ai diritti televisivi. La B continua a vivere di domini divisi tra retrocesse e neopromosse, sintomo della palude profonda in cui sopravvivono troppi club cadetti. Infine c’è la Serie C, quella guidata dal candidato alla FIGC attento ai costi. Gabriele Gravina è l’uomo delle riforme che nel frattempo vede fallire un paio di squadre al mese, rendendo campionati già sciatti ancora più falsati. Il controllo dei conti è ottimo argomento da campagna elettorale, poi al momento delle iscrizioni inizia il fantastico balletto di bilanci in rosso e fideiussioni allegre. Dalle parti di Vibo Valentia un posto nella prossima Serie C lo pretendono, mentre il sistema calcio nota con sorpresa che i fallimenti vanno da nord a sud senza distinzioni. Riforma dei campionati da discutere in primavera, ultima perla di una gestione risibile per risultati prodotti. Prima 60 squadre, poi 54, poi nuovamente 60 e infine un numero indefinito con il blocco delle retrocessioni dirette a rendere tutto più ridicolo. L’intenzione è quella di un ritorno definitivo alle 60 squadre, per farlo servirà pescare fuori dalla Serie C: tra retrocessioni, promozioni, fallimenti e rinunce c’è il rischio che l’estate diventi ancora una volta torrida. Il blocco dei ripescaggi è una teoria sempre presente ogni anno, minaccia per evitare l’arrivo tra i Pro di società non all’altezza. Stupidaggini, non c’è altro termine da usare in questi casi. Il controllo sulla forza finanziaria non è così complicato, basterebbe farlo e non basarsi su operazioni bancarie/assicurative di dubbia provenienza. L’opzione per cancellare i ripescaggi ma avere comunque una Serie C con numeri non simili alla Terza Categoria, sarebbe quella della creazione delle squadre B. L’Italia è quel Paese incapace di copiare anche le cose semplici, adesso la pretesa è quella di farlo e in un tempo irrisorio. Una seconda squadra è possibile solo per le big come Juventus, Milan, Inter, Roma e Napoli. Potrebbero già essere meno interessate Lazio e Atalanta che sulla crescita del settore giovanile ci puntano forte. E il Messina? Rimane tra color che son sospesi, anche se gli obblighi per Sciotto non muterebbero più di tanto. Il ripescaggio in Serie C e la successiva composizione di una rosa competitiva per un campionato senza patemi non si differenzierà, in termini economici, dalla creazione di una squadra in grado di vincere il torneo di Serie D.

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