Melfi-Messina, ad occhi sgranati

Pubblicato il 4 Dicembre 2016 in Tattica

Di quanto la rosa costruita dalle varie anime del Messina non sia adeguata alle ambizioni societarie, della piazza e del blasone ne abbiamo scritto nelle settimane scorse (Messina, la sentenza del campo: rosa inadeguata). Che i calciatori a disposizione di Marra prima e Lucarelli adesso non siano all’altezza di una corsa diversa da quella salvezza è palese, ma nascondere dietro le mancanze tecniche dei calciatori quelle della panchina sarebbe poco corretto. Come fatto con Marra anche con Lucarelli vanno sottolineati aspetti positivi e negativi: vecchi di solo una settimana fa gli elogi alle modifiche tattiche viste dopo l’espulsione di Rea, allo stesso modo ci tocca evidenziare in maniera fortemente negativa le scelte di Melfi. Le assenze non le dimentichiamo, ne facciamo pesare due più di altre: Musacci e Berardi. Ci scuseranno Rea e Capua, il primo ha alternative ritenute valide dallo staff tecnico tanto che Maccarrone aveva superato Bruno nelle gerarchie; il secondo è pur sempre una riserva. L’assenza di Berardi toglie sicurezza e rendimento, il suo sostituto ha più volte palesato limiti troppo gravi per la categoria. Musacci è uno dei calciatori più discussi del campionato, ma quando non c’è la sua mancanza pesa come un macigno. Contro il Fondi a fallire nel ruolo era stato Ricozzi, a Melfi mister Lucarelli tira fuori dal cilindro un abominio tecnico senza eguali: Manuel Mancini. Già visto nel ruolo con Grassadonia due stagioni fa, un 3-1 sul campo del Lecce dove l’ex calciatore di Verona e Salernitana aveva fatto imbarcare acqua a centrocampo e difesa. Lucarelli boccia Ricozzi, non considera Bramati un’opzione utile e prova la carta dell’esperienza. Mancini gioca sotto ritmo, lento e macchinoso nello smistare gioco che, probabilmente, non vede. Potremmo aprire un infinito capitolo anche su Akrapovic, non lo faremo perché è sempre inutile sparare sul pianista. Palumbo in panchina e l’ex Due Torri in campo con Grifoni che torna sulla linea difensiva. Scelta discutibile, alla fine ci potranno sempre dire che Palumbo non era in condizioni ottimali, ritornello ormai trito.

MARCATURA – Ripartiamo proprio da Mancini, abbiamo isolato un momento della partita per spiegare al meglio la gara del numero 33 giallorosso: cerchio blu per lui, vediamo come la sua posizione sullo sviluppo della manovra offensiva rimanga bassa e sempre concentrata su Cittadino (linea blu), il trequartista lucano che Lucarelli vuol schermare proprio con Mancini cadendo in un vortice di tatticismo non applicabile al tipo di gioco dello stesso centrocampista giallorosso. Freccia blu per evidenziare la porzione di campo attaccabile da Mancini, uno spazio che proprio Cittadino gli concede e che il 33 del Messina non attacca preso dal terrore di perdere la marcatura in caso di ripartenza.

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DISORGANIZZATI – Passiamo all’azione del gol del vantaggio. Premessa: non leggerete invettive contro la terna arbitrale in questo blocco, semplicemente perché né dal campo né della tv si ha la certezza della posizione di Foggia al momento del passaggio di Vicente. Sarebbe scorretto, quindi, parlare contro o a favore della decisione del signor Di Tullio. Andiamo alla genesi dell’azione, ovvero dove il Messina fallisce: rimessa laterale all’indietro di Grea verso Vicente, riquadro blu per evidenziare come i giallorossi difendano molto bassi preoccupati solo dall’opzione del pallone gettato in avanti. Su Vicente (cerchio rosso) non c’è nessuno, Madonia non può più uscire e per il regista di Bitetto è fin troppo semplice alzare la testa e trovare Foggia nel cuore dell’area.

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ZONA – Andiamo al gol che chiude la gara, anche in questa circostanza ci concentreremo sugli errori individuali ma anche sulle scelte tattiche di Lucarelli: il Messina difende a zona. Solitamente quando non si hanno saltatori o grandi marcatori, gli allenatori tendono a scegliere questo tipo di sistema per attaccare il pallone e non l’uomo. Il Messina rinuncia a Palumbo perdendo un colpitore, i soli Maccarrone e Pozzebon non possono bastare dal punto di vista fisico ed ecco che la zona trionfa sulla marcatura ad uomo. Riquadro rosso per evidenziare come il Messina scelga di difendere il primo palo e la zona centrale, lasciando attaccabile il secondo palo. Cerchio blu e freccia per Ciro Foggia: il centravanti di Bitetto legge l’evoluzione dell’azione e attacca lo spazio libero.

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Passiamo al successivo frame: Foggia ha attaccato lo spazio, il corner di Cittadino è calciato proprio per premiare questo tipo di movimento. Il Messina pasticcia: nel riquadro rosso vediamo che a saltare sono rimasti Foresta e Grifoni, ovvero i più piccoli dell’intera squadra, il resto lo fa Russo che rimane nella terra di nessuno. L’indecisione del portiere è decisiva, per Foggia è troppo facile mettere in rete. Grifoni buca totalmente l’intervento, probabilmente non disturbato da un’eventuale chiamata di Russo, perché la disposizione dell’intero blocco difensivo non contempla la difesa del secondo palo e non scivola sulla lettura (che non arriva) della traiettoria del pallone.

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BELLE STATUINE – Chiusura dedicata alla fase offensiva, in particolare prendiamo in analisi l’azione che porterà al movimento di De Vito su assist di Grifoni, non arriverà a chiudere Foresta ma il nostro obiettivo si sposta su altro: Grifoni affonda da destra, taglia dentro e scodella col mancino. La sua palombella premia il movimento di De Vito (riquadro blu), il resto è noto. Occhio alla linea rossa: ecco il tridente del Messina. Stretto, vicino, ma sopratutto fermo. Lo sviluppo scelto da Grifoni mette in difficoltà l’evoluzione dell’azione, tanto che il ricevente finale è proprio un uomo che entra dalle retrovie, però lo schiacciamento del trio che non si divide l’area ma sopratutto rimane passivo è la cartolina del momento offensivo del Messina: immobile.

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